Estratto Romanzo “I vessilli del cielo” di Elga Battaglini

Estratto del libro "I vessilli del cielo" di Elga Battaglini, romanzo vincitore del premio speciale categoria edita al Concorso Letterario Nazionale "Autore di te stesso" 2011 organizzato da Recensione Libro.it in collaborazione con la CSA Editrice.
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Quella notte era destinata a rimanere impressa indelebilmente nella memoria di coloro che le sopravvissero.
Fu la maggiore delle figlie del castellano, Arpalice, la prima a reagire allo sgomento che aveva colto il resto degli occupanti il castello alla vista dello scempio della guarnigione. In quell’inferno di sangue, di ossa spezzate in evidenza, di orrende ferite la cui vista era insostenibile, incurante delle grida, del fetore insopportabile, del rischio della propria stessa vita, si precipitò a strappare di dosso l’armatura ad uno dei cavalieri uccisi e ad indossarla, nonostante fosse lorda di sangue.
«Non possono entrare!» gridò alle altre donne, ai vecchi, ai bambini che assistevano impietriti. «Non possiamo farli entrare.» Raccolte le armi, si lanciò nella mischia furibonda, a testa bassa, decisa, resa invincibile dalla disperazione. Altre si affrettarono a seguire il suo esempio. Impugnate le armi, indossati in tutta fretta i corsetti dei caduti, quelle giovani donne che gli eventi avevano trasformato da castellane cortesi in guerriere implacabili, si precipitarono a fianco delle mogli e delle figlie dei popolani rifugiati nel castello a difenderne le mura, le spade in pugno, affondando le lance, respingendo a mani nude i nemici nel baratro a rischio di venirvi a loro volta trascinate, gettando su di essi gli oggetti più svariati raccolti alla meglio, in tutta fretta: tegole, pietre, panche ed altre suppellettili.
Sapevano che quella era la fine? Forse se ne rendevano conto, forse era loro evidente. Ma nelle coscienze di quelle donne, era altrettanto chiaro che in quel momento non avevano scelta: difendere quelle mura significava difendere la propria identità.
Ci riuscirono: disorientati da quell’inatteso contrattacco, i francesi tornarono a riparare al di là della cresta rocciosa, nelle posizioni precedenti il tentato assalto di Peire Rogier.
Ma Arpalice e le sue compagne non ebbero modo di gioire di quella breve vittoria, tale fu lo spettacolo che si offrì ai loro sguardi quando, accaldate e ansanti, rientrarono tra le mura e videro ciò che restava della guarnigione di Montségur.
All’alba di quella notte terribile, la sentinella che presiedeva alla torre occidentale suonò il corno della resa.

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Redazione - Recensione Libro.it