Recensione Libro.it intervista Giancarlo Sacchetti autore del libro Le rose di Melba

Intervista a Giancarlo Sacchetti.
Giancarlo Sacchetti
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Le rose di MelbaIntervista a Giancarlo Sacchetti

1. Dovendo riassumere in poche righe il senso del tuo libro Le rose di Melba cosa diresti?

È un invito al lettore a inoltrarsi nel labirinto di sentimenti indotti da una condizione esistenziale straordinaria che solo con un atto di giustizia può essere accettata. Che il concetto di Giustizia è connesso strettamente alle aspettative che ognuno di noi coltiva nel proprio intimo in base a un desiderio che non sempre trova soddisfazione nella razionalità dell’intelletto e nemmeno del tutto nell’applicazione dei Codici. C’è qualcosa di irrazionale che alimenta l’agire di molti individui che nasce nel profondo delle viscere e si propaga in quella parte di cervello in cui sono custodite le emozioni. Si chiama istinto. Un sentimento latente che determina nella protagonista una potente suggestione che nutrirà le sue decisioni fin dall’inizio e per un lungo tratto.

2. Da dove nasce l’ispirazione per questo giallo che anche se racconta di un evento che riguarda la protagonista, è inserito in un contesto sociale ben preciso che ci fa trovare parallelismi con la realtà in cui viviamo?

Da due fattori precisi. (1) Dalla conoscenza di donne che praticano la disciplina sportiva del tiro con la pistola. (2) Dall’esplosione dell’inchiesta Aemilia che vede indagati centinaia di mafiosi tutti incredibilmente residenti tra Bologna e Reggio Emilia. La combinazione di questi due elementi ha prodotto per reazione il desiderio di esorcizzarne le implicazioni di ordine etico e morale, riaffermando in forma romanzata un sistema di valori che in questa regione sembravano valichi insuperabili per la criminalità organizzata. L’ordine di grandezza è dato dal fatto che il processo viene celebrato in una apposita aula bunker di palermitana memoria. Uno shock!

3. Cosa vorresti che il lettore riuscisse a comprendere leggendo il libro? Quale significato non del tutto esplicito vorresti potesse cogliere?

Che il significato delle nostre azioni è spesso determinato dall’ansia di un riconoscimento per un torto subito, al punto da indurre a ritenere il Diritto codificato come un’astrazione giuridica perché non corrispondente all’impellenza dell’attesa. Le decisioni della protagonista spingono a una riflessione in questa direzione, là dove le sue scelte risentono di un eccesso di individualità che escludono la possibilità stessa di mettere nel conto l’azione combinata di più soggetti per il conseguimento del risultato atteso. Di riflesso, getta una luce su un degrado etico diffuso che non produce solo danni economici, ma anche culturali e sociali che allentano i vincoli solidaristici tra individui che non colgono spesso il senso stesso del concetto di comunità.

4. Dal tuo romanzo diventa chiaro sin da subito come l’apparenza possa ingannare e come le relazioni nascondano segreti immensi. Quando hai iniziato a scrivere il libro sei partito da questo concetto o è stato una conseguenza estrapolata dalla storia?

Fin dall’inizio ho impostato la narrazione sull’ambiguità relazionale dei protagonisti, nessuno escluso, perché questo corrisponde alla realtà e perché offre una ricchezza di situazioni che rendono più fluida la scrittura e interessante la storia. Penso che ben difficilmente, nella società odierna, sia possibile demandare a un concetto di schiettezza la natura dei rapporti interpersonali. Questa è una società per certi aspetti malata, fatta di solitudini spacciate per esaltanti individualità occultate da una spessa corazza di apparenza.

5. Se dovessi utilizzare tre aggettivi per definire il tuo libro, quali useresti?

APPASSIONANTE – ATTUALE – CINEMATOGRAFICO

6. Perché credi che si debba leggere Le rose di Melba?

Perché pone il lettore nella condizione di identificarsi con la normalità della protagonista in un contesto di violenza declinata in diverse sfumature. Non solo quella sanguinolenta esercitata dalla criminalità organizzata, ma anche quella più spicciola delle bugie tollerate, delle ipocrisie esibite, delle convenienze accettate, dei compromessi subiti. In fondo, una normalità esistenziale comune a molti cittadini, sconvolta dall’eccezionalità degli eventi narrati. Affidare a un personaggio femminile il compito di gestire le dinamiche indotte dalla mutazione degli eventi, riaffermando il proprio ruolo per il conseguimento di un atto di giustizia, dal punto di vista narrativo è stata una sfida avvincente.

7. Qual è il romanzo che ha “rivoluzionato” la tua vita conducendoti alla scrittura?

In realtà non c’è stato un singolo romanzo, ma un insieme di generi letterari. La mia vita è stata rivoluzionata dalla consapevole scelta di adottare i libri come compagni di strada di un percorso di crescita personale. Un viaggio a tappe il cui punto di partenza era una formazione scolastica elementare che sentivo inadeguata alla comprensione del mondo che mi circondava. A una prima fase di alfabetizzazione scaturita dalla lettura delle opere di un Tondelli o un Bevilacqua ad esempio, che hanno plasmato la realtà oggettiva in funzione delle loro esigenze narrative con storie che avevano immediati agganci con il vissuto del lettore, ne è seguita una seconda nella quale la forza della storia narrata non stava tanto nella veridicità ambientale, ma nella sua plausibilità come ha fatto Camilleri per un verso e Ammaniti dall’altro. Forme di narrazione diverse tra di loro che mi hanno consentito di comprendere che nella scrittura la forma è anche sostanza.

8. Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?

Un libro che non fa sognare, che non sollecita emozioni, che non mette in sintonia la mente del lettore con le sollecitazioni linguistiche dell’autore che, per definizione, il lettore colloca sempre sul gradino più alto di un mondo che sa non essere il suo. Un libro che non sollecita le tue corde emozionali più profonde, che non conduce su terreni inesplorati. Magari anche un libro che ti lascia l’amaro in bocca e in testa mille domande sull’esito di una storia che avresti preferito diverso. Perché proprio in questo si evidenzia la qualità dello scrivere e la solidità del legame con chi legge.

9. Adesso è arrivato il momento per porti da solo una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…

Ti consideri uno scrittore?

Sì, nella stessa misura in cui uno che legge è un lettore e uno che fuma è un fumatore. Scrivo, dunque sono uno scrittore. La scrittura è come una bussola che mi permette di orientarmi nel dedalo di cambiamenti che incidono così profondamente nei comportamenti sociali; una sorta di ciambella cui aggrapparmi per non soccombere del tutto sotto il peso di una modernità impregnata di immagini virtuali. Scrivere è diventato un modo per darmi delle risposte che in altre epoche avrei affidato alla razionalità dell’analisi politica

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Redazione - Recensione Libro.it

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