Recensione Libro “Lo scurnuso”

Citazione “A quanti gli chiedevano se non fosse una sciocchezza montare e smontare un presepe di centocinquantaquattro pezzi anche in tempo di guerra, Albaneta rispondeva… che il presepe è per sua stessa natura devozione, speranza e movimento: e che non avrebbe interrotto la consuetudine di montare la scena sacra nemmeno sotto una pioggia di bombe.”
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Di cosa parla “Lo scurnuso” di Benedetta Cibrario

“Lo scurnuso” di Benedetta Cibrario è un romanzo che attraverso la storia di Napoli, prima borbonica, poi assediata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale e infine città ai giorni d’oggi, racconta di una statuetta del presepe.

Un bambino Sebastiano, un orfano, viene ceduto in cambio di qualche pastore dalla badessa di un convento a Tommaso Iannaccone, che per sfamare la sua bocca e guadagnare qualche soldo in più dopo un po’ lo “vende” a un famoso artigiano che lo fa lavorare.

Sebastiano dimostra di avere talento, di notte, di nascosto, modella le sue statuette, è un artista, appassionato e capace di cogliere le espressioni più nascoste degli uomini, che fa rivivere sui volti delle sue creature.

Un giorno Sebastiano, il reale protagonista del libro “Lo scurnuso” scava nella creta l’immagine di quel padre che lo ha accolto e abbandonato. Quella statua racchiude tutto l’amore possibile e ritrae quell’uomo storpio, scurnuso, appunto vergognoso.

Per una serie di eventi quella statuetta, dopo oltre un secolo, arriva nelle mani del duca di Albaneta e di un restauratore che per guadagnarsi da vivere ha preferito il lavoro sicuro alle poste. Viene poi venduto dal duca – per far fuggire con quei soldi i suoi cari in America ed evitargli la guerra – a un cardinale, fino a giungere nelle mani di Vicky, come dono di benvenuto da parte del padre.

Dopo “Rossovermiglio” che ha vinto nel 2007 il Premio Campiello e “Sotto cieli noncuranti” vincitore del Premio Rapallo Carige, Benedetta Cibrario lascia un piccolo segno nei lettori con “Lo scurnuso”, raccontandoci di Napoli, una città che cambia, della sua bellezza che sprigiona attraverso la sua arte, delle difficoltà in cui a volte arranca e lo fa attraverso la statuetta di un presepe che sembra prendere forma. Le due storie, quella di Napoli e della statuetta si raccontano a vicenda, s’intrecciano, regalandoci un libro bello, che purtroppo finisce troppo presto.

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Redazione - Recensione Libro.it

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