Recensione libro Il quaderno rosso

Citazione “È più di un segreto, è una maledizione. Non sono una brava madre. I miei tre figli sono condannati. L’unica speranza è che uno di loro, almeno uno, sfugga al sortilegio”.
Il quaderno rosso
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Trama e recensione del romanzo Il quaderno rosso di Michel Bussi

L’abbiamo trovata piuttosto carina: in Francia era questo (on la trouvait plutot jolie) il titolo del romanzo di Michel Bussi, apparso nel 2017. In Italia hanno voluto adottare un più neutrale Il quaderno rosso, pubblicandolo a maggio scorso, per i tipi delle Edizioni E/O (384 pagine 16,50 euro).

La casa editrice romana detiene i diritti del giallista francese più letto, il cinquantatreenne Michel Bussi, docente universitario di geografia a Rouen, nato in Normandia e sapiente autore di thriller.

Sono a questo punto ben cinque, considerati i gialli precedenti Ninfee nere e Tempo assassino, in libreria dal 2016, oltre a Non lasciare la mia mano e Mai dimenticare, in Italia dal 2017, sempre nella livrea in cartoncino delle Edizioni E/O.

Trama del libro Il quaderno rosso

Il quaderno rosso è il diario essenziale di Leyli Maal. Di una cosa è certa la bella donna maliana trapiantata a Marsiglia: nessuno è innocente in questa storia e i suoi figli sono condannati. Un destino di cui anche lei è responsabile, come gli altri, come tutti sulla terra, nessuno escluso.

Leyli ha una casa piccolissima e qualche grande segreto, in quelle quattro mura e poco più, piene zeppe delle sue collezioni di oggetti e materiali ispirati alle civette e affollate di figli. Sono tre, di padri diversi: Bamby, bellissima, dolce, 22 anni, appena laureata in psicologia, Alpha, gigante diciottenne dal fisico sportivo, uno che sa sempre come cavarsela, Tidiane di anni ne ha 10, adora la lettura, strano per un ragazzino.

Alloggiano in un mini locale di edilizia popolare in periferia, venticinque metri quadri, nient’altro che una camera da letto e un soggiorno con angolo cottura. Come si può pensare che possano viverci in quattro?

La mamma single ha trovato lavoro nell’Hotel Ibis di Port-de-Bouc, come addetta alle camere e alla sala da pranzo, mansione che adora.

Marsiglia, dunque, vecchia delinquenza, nuova immigrazione, un mix esplosivo che mette a dura prova la polizia. Il tenente Julo Flores, 23 anni, è appena uscito dal corso. Inappuntabile, gentile, gran lavoratore, colto, educato, prende appunti digitando sulla tastiera di un tablet di ultima generazione.

Ha tutto, insomma, per irritare a morte il comandante Petar Velika, sulla cinquantina, profugo a 15 anni dalla ex Jugoslavia, poi brillante allievo della scuola di polizia e impeccabile protagonista di un trentennio di carriera, in cui ha meritato la fama di duro e puro.

Il romanzo Il quaderno rosso, fluente e cristallino come lo stile dell’autore, non risparmia scene toste e un tema duro di fondo: il traffico e lo sfruttamento dell’immigrazione clandestina, che impegna le autorità francesi in una competizione senza fine.

In gara c’è il racket, ovviamente, ma ci sono anche organizzazioni non governative e no profit che non si sa bene a quale gioco stiano giocando. Intanto, sono al servizio del governo francese. E se ne servono.

Qui si apprende, salvinianamente, che l’immigrazione è un business e tra clandestini da trasformare in profughi, fuggiaschi paganti da sistemare e opinione pubblica da abbindolare, un morto fa sempre il suo dovere, tanti morti fanno il loro effetto, una barca di annegati è una manna dal cielo.

Torniamo ai figli di tre padri diversi. Non si sa chi siano. Leyla ha annotato tutto sopra un quaderno. Nomi, abitudini e stato sociale degli uomini con cui era stata quando faceva la prostituta. Allora una malattia le aveva fatto perdere la vista, restituita dalla costosa operazione che si era pagata con quegli “incontri”.

Un quaderno intero di nomi. Un altro dei suoi segreti: dietro quella copertina rosso acceso è racchiusa una vita intera, ma nessuno può immaginare quanta rabbia possa provocare in chi lo legge – non Leyla ovviamente – e vi trova la spiegazione di tutto, l’origine della rabbia che sente covare dentro di sé dalla più tenera età, senza conoscerne il motivo.

Bamby è una ragazza deliziosa, studiosa, intelligente. Bambi è il nome di cui si è servita la ragazza molto bella che ha si è accompagnata all’uomo trovato poi ammanettato al letto in un albergo a ore, con le vene recise ai polsi e accanto un kit per individuare il gruppo sanguigno.

Secondo il tenente Flores non possono essere la stessa donna. Bamby Maal è una giovane angelica, l’altra una vera strega. Poi, non è detto che a compiere il delitto sia stata la ragazza. Può avere solo avuto il ruolo di esca, di seduttrice. Quello certamente l’ha giocato.

Ma il comandante Velika non va tanto per il sottile. All’ingresso dell’hotel, le telecamere hanno ripreso in compagnia dell’uomo assassinato una giovane donna, con un foulard a disegni di civette. Cosa serve di più?

C’è un altro ucciso. Un altro prelievo di sangue. Entrambi lavoravano o avevano lavorato per Vogelzug, un’associazione internazionale di assistenza ai rifugiati. Il patron, Jourdain Blanc-Martin, è un benemerito aristocratico. Un intoccabile. E sembra molto impressionato dagli eventi criminosi che stanno coinvolgendo la sua creatura. Si direbbe incattivito.

Lampedusa, lembo d’Italia isolato nel Mediterraneo dirimpetto a Tunisia e Libia. Più di tremila morti annegati dal 2002 davanti alle sue coste, il doppio del Titanic e più dei residenti sull’isola. Che pena per le vittime. Che affare per altri.

Recensione scritta da Massimo Valenti

 

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Recensione scritta da

Massimo Valenti

Presentazione Massimo Valenti Toscano, imbarcato, velista esperto, lettore onnivoro sebbene appassionato soprattutto di mare e di thriller.

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