Recensione Libro.it intervista Carolina Gregori autrice del libro Mosaico

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Carolina Gregori
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Mosaico di GregoriIntervista a Carolina Gregori

1. Dovendo riassumere in poche righe il senso del libro Mosaico, cosa diresti?

Mosaico è un viaggio. Ci sono eventi, nella vita di ognuno, che spesso sembrano scollegati dal resto. Sembrano una frattura, una lacerazione. Spesso li isoliamo, per non permettere loro di farci male. Eppure sono anche quegli eventi che ci strutturano. Sembrano tessere di un Mosaico, appunto, di colori e forme diverse che facciamo fatica a collocare. Però sono lì, sparse, e il nostro compito, se vogliamo capire noi stessi, se vogliamo accoglierci e comprenderci, è trovarle, al costo di tanto dolore e tanta fatica, e metterle insieme in modo da formare l’immagine, non sempre edificante ma almeno vera, di noi stessi.

Mosaico, allora, è il risultato e insieme il percorso di un viaggio di scoperta bellissimo e feroce, in cui ho scavato, con le unghie e con i denti, prima per trovare in ogni fatto della mia vita una piccola tessera brillante, e poi per unirla alle altre. Non mi sono curata di quale volto avrei visto alla fine del viaggio, se quello che ogni giorno mi appare allo specchio o una me sfigurata, perché non mi importava. Quello che ho ottenuto è avere sempre un punto di partenza da cui, di nuovo, ricominciare ad esplorare me stessa.

2. Da dove nasce l’ispirazione che ti ha indotto a scrivere questa raccolta di poesie in cui esprimi tutta te stessa?

L’idea mi è venuta durante i mesi in cui ho vissuto a Dublino. Avevo sempre scritto; scrivo da che ho memoria. Ma il progetto di unire tutto quello che avevo prodotto nel corso degli anni e quello che di nuovo e diverso usciva dalla mia penna è nato in 32, Capel Street, a due passi dal rosso e dal rumore di Temple Bar. Una mattina, grazie a due gabbiani che mi cantavano ogni giorno la sveglia alla finestra, ho pensato che sarebbe stato divertente raccogliere i taccuini e i fogli sparsi per capire a che punto di me stessa ero. Mi sbagliavo: non fu affatto divertente. Il lavoro di rigetto, limatura, unione e scoperta è durato più di un anno. È stato terribile. Ho visto sfilare davanti a me tutto quello che ero e che non sono più, ma anche tutto quello che sono e non voglio essere. Una volta intrapreso questo percorso, ho dovuto far pace con la parte di me che tenevo relegata e incatenata. Io ho dovuto accettarmi. È stato un raccogliere le cose ormai morte, dar loro una forma, e infine gettarle nel mondo, per liberarmene: l’inizio di un percorso di ascolto della morte e insieme di preparazione alla vita. Una continua dialettica tra ciò che è identità e ciò che diviene gabbia. Una lotta che ad un primo sguardo pare una resa ma in verità è atto di liberazione. Io mi sono liberata da me. Eppure, come ogni atto di liberazione, fa male, dilania, divora, impone di rimettere in gioco tutto, se stessi inclusi. È una rinuncia della certezza, un salto atroce nell’ignoto. È accettare il cambiamento. E poi è di nuovo vita, accoglienza e cura della bellezza. Mosaico è, per me, rinascita.

3. Cosa vorresti che i lettori riuscissero a comprendere leggendo Mosaico? Quale segno vorresti lasciare in loro?

Credo che esista un legame tra opera ed autore molto forte, ma che questo legame dopo un poco divenga sterile. Per nutrirlo occorre che qualcuno che sia pronto a farsene carico e dargli nuovo senso. Il fruitore, o il lettore in questo caso, è tenuto a prendersi carico di questa responsabilità. Allora, a mio avviso, la domanda è: qual è il rapporto tra chi scrive e chi legge? Niente come la poesia lo ridefinisce ogni volta, perché oltre al potere costituente della scrittura c’è anche un potere strutturante della lettura. Qui la lettura è una chiamata, perché è essa stessa già creazione. E, in fondo, “Sono le mie feroci creature, ma ora che le ho gettate nel mondo te le affido: sono anche tue”. Non mi importa, dunque, cosa il lettore comprenda o faccia suo della mia opera, perché non è più solo mia. “Mosaico” è, in questo senso, opera collettiva, da cui ognuno può prendere ciò che è utile per se stesso e a cui ognuno può dare l’interpretazione che crede.

4. Se Carolina Gregori dovesse utilizzare tre aggettivi per definire le sue poesie, quali userebbe?

Come è scritto nell’ultima lirica Nella notte, scrivo:
“non poesie,
ma rantoli, spasmi e conati
accartocciati nel velluto della mia voce rotta”.

5. Perché credi si debba leggere il tuo libro?

Credo che leggere Mosaico sia un esperimento interessante. Non si deve, ma si può.

6. Hai nuovi progetti letterari? Stai scrivendo un nuovo libro? Puoi anticiparci qualcosa?

Sto da qualche tempo pensando ad una nuova raccolta, ma è ancora tutto incerto e fluido. L’idea però mi stuzzica parecchio… vedremo.

7. Qual è il romanzo che hai letto e ti ha più colpito emotivamente in quest’ultimo anno?

Non leggo molti romanzi, a dire il vero, ma c’è un titolo che mi ha colpito particolarmente. Si tratta di “Il meraviglioso vinile di Penny Lane” di Giordano Criscuolo, pubblicato da Eretica Edizioni. Nell’ultimo anno, più che altro, ho letto tanta poesia, di ogni genere, e i titoli che mi hanno più colpito sono stati “Dalla parte della radice” di Marco Luppi e “Babilonia non dà frutti” di Giovanni Peli. Quello che più mi piace leggere, però, è saggistica, specialmente filosofica e politica. Ora sto leggendo un testo davvero illuminante e ben fatto, che consiglio a tutti coloro che sono interessati. Si chiama “Rivoluzione e Internazionalismo. Trotsky e i trotskismi tra ortodossia marxista e prefigurazione del futuro” di Michele Azzerri, pubblicato da Aracne editrice.

8. Quale libro non consiglieresti mai a un lettore?

Nessuno. Ogni libro merita di essere letto ed ogni autore ascoltato, anche solo per poi sottoporlo a critica.

9. Adesso è arrivato il momento per porti da sola una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…

Vi lascio la domanda, ma la risposta spetta a voi: Cos’è, oggi, la poesia e chi il poeta?

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Redazione - Recensione Libro.it

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