Matteo Carmignoli: intervista scrittore

Intervista all'autore Matteo Carmignoli.
Matteo Carmignoli
In questa pagina sono presenti link affiliati
Compra su amazon.it

La redazione del sito Recensione Libro.it intervista lo scrittore Matteo Carmignoli autore del libro I caduti Storia di una coscienza

I caduti Storia di una coscienza1. Dovendo riassumere in poche righe il senso del tuo libro I caduti Storia di una coscienza, cosa diresti?

Beh… Facendola il più breve e semplice possibile direi che il punto è che ognuno di noi ha dei lati oscuri, ad esempio problemi a controllare la rabbia, tendenza alla violenza verso noi stessi o altri, dipendenze varie, fanatismo ecc… Alcune volte ne siamo ben consci, altre ne siamo addirittura inconsapevoli. Questi lati di noi possono essere più o meno abilmente nascosti e repressi, ma non possiamo sopprimerli in modo definitivo. Quando una persona comune si trova ad affrontare situazioni particolarmente difficili, o magari vede qualcosa che ha realizzato con tutte le sue forze crollare, come fosse un castello di carte, questo lato oscuro inizia gradualmente ed inevitabilmente a riemergere dagli abissi in cui lo aveva relegato.

L’individuo medio è colui che tendenzialmente, pur permettendosi nei momenti più problematici qualche trasgressione a quella che sarebbe in linea teorica la condotta ordinaria e quindi concedendosi un assaggino di quella parte di sé , riesce ancora a dominare questo suo lato oscuro che io, nel mio libro, ho denominato “Il Demone”. Il “caduto”, invece, è colui che, persa la stabilità e l’ordine nella propria esistenza, riemerso in lui prepotentemente ed inaspettatamente il proprio lato oscuro, cede alle tentazioni di questo, fino a divenirne totalmente schiavo.

Un burattino terrorizzato nelle mani di un perverso burattinaio: il Demone! Il protagonista del mio libro, come molti altri personaggi che compaiono sullo sfondo, appartengono a questa categoria. Ribadisco di aver spiegato il tutto nel modo più semplice e sbrigativo possibile come richiesto; sono consapevole che la questione trattata in realtà è molto più complessa di quanto l’abbia fatta sembrare

2. Da dove nasce l’ispirazione per questo libro in cui il protagonista è attraversato da ombre e dal male di vivere?

Io per primo, durante la mia adolescenza un po’ inquieta e tormentata, mi sono trovato a frequentare personalità che potrebbero corrispondere a quelli che io tendo a definire “i caduti”. Alcuni di loro erano semplicemente dei conoscenti, altri, per quel periodo, sono stati anche miei amici intimi che, da un lato dico per fortuna, dall’altro per sfortuna, ora non fanno più in alcun modo parte della mia vita.

Ho detto “per fortuna” ovviamente perché persone con dipendenze verso alcool e altro, schiavi di tendenze così pericolose, avrebbero potuto condurmi verso abissi dai quali magari non sarei più stato in grado di riemergere. Ho detto anche “per sfortuna” perché talvolta ho trovato in loro un’umanità, una spontaneità negli affetti ed una trasparenza nell’anima che, per quanto vittime di loro stessi e divorati dal loro lato oscuro, molto difficilmente ho riscontrato nelle così dette “persone per bene” che ora, da studente universitario alle prese con la laurea magistrale, frequento normalmente. Quindi il libro è una sorta di commemorazione di quelle anime perdute e di quella parte della mia vita, ma ovviamente anche un esorcismo al fine di prenderne definitivamente le distanze, per quanto possibile, in quanto non trasgredire mai sarebbe inumano…

3. Cosa vorresti che i lettori riuscissero a comprendere leggendo le tue parole? Quale segno vorresti lasciare in loro?

Il tutto è nato da un tentativo di costruire una coscienza, e quindi di dare una voce, anche a quei soggetti emarginati dalla società e spesso vittima di passioni poco sane… Schiavi del Demone insomma! Ho voluto mostrare che vi è una storia anche dietro quei personaggi un po’ eccentrici, se non addirittura sgradevoli, che magari notiamo seduti sugli scalini di una piazza a bersi litri di vino o birra, o a barcollare per il paese smarriti, forse perché sotto l’effetto di qualche sostanza stupefacente, o magari semplicemente perché la loro vita è andata a rotoli e hanno perso tutto.

Ho tentato, sperando nell’immedesimazione del lettore (ragione per cui ho usato la prima persona), di mostrare un altro lato della realtà e della comunità, quel lato che spesso volutamente ignoriamo ed evitiamo, e di dare una dignità anche a chi ormai è ivi prigioniero. Questo è l’effetto che spererei di suscitare nel lettore. Comprensività… Se non addirittura empatia… Ma non mi si fraintenda! Non sto difendendo a priori tale categoria di persone… So benissimo che fra loro vi sono individui dai comportamenti inqualificabili e che non possiamo che condannare da qualsiasi punto di vista.

4. C’è qualcosa che avresti voluto aggiungere al libro, quando lo hai letto dopo la pubblicazione?

A fine libro avrei voluto inserire l’immagine di un quadro: “L’assenzio” di Edgar Degas.

5. Se Matteo Carmignoli dovesse utilizzare tre aggettivi per definire I caduti Storia di una coscienza, quali userebbe?

Vero, scomodo e nudo.

6. Perché credi si debba leggere il tuo libro?

Prima ribalto la domanda. Sconsiglio il mio libro a chi abbia semplicemente voglia di leggersi qualcosa di leggero e rilassante, qualcosa di non molto impegnativo. Invece ritengo che a leggere questo mio libro dovrebbero essere coloro che hanno voglia di mettere in gioco la loro coscienza e conoscenza del reale, se non addirittura la loro morale.

Coloro che magari sono disposti ad assaporare un piatto diverso dal solito dal gusto piuttosto amarognolo, o magari che sono disposti ad affacciarsi ad una finestrella pericolante per “godersi” lo squarcio di un mondo a loro inedito nel suo squallore e nella sua apparente follia ed irrazionalità dilagante. Invece, se fra questi ipotetici lettori ci fossero persone già interessate a racconti dalle atmosfere noir o addirittura oniriche, racconti dai tratti un po’ perturbanti e grotteschi, con figure sullo sfondo che vanno dal demoniaco all’angelico, credo che “I Caduti” sia un libro che potrebbero apprezzare.

7. Hai nuovi progetti? Stai scrivendo un nuovo libro? Puoi anticiparci qualcosa?

Ho già pubblicato un secondo libro: La ragazza oltre il mare. Un libro molto diverso dal libro in apparenza, ma che presenta anche evidenti tratti in comuni con questo mio esordio. Ultimamente sono veramente molto impegnato con gli studi, quindi ho pochissimo tempo da dedicare a questa mia passione. Comunque ho varie idee anche se un po’ fumose che sto gradualmente cercando di rendere più concrete.

8. Qual è il romanzo che hai letto e ti ha più colpito emotivamente in quest’ultimo anno?

Se permettete ne cito tre, in quanto abbastanza brevi: “I turbamenti del giovane Törless” e “Il merlo” di Robert Musil, e “Il colpevole non è l’assassino ma la vittima” di Franz Werfel.

9. Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?

“Lolita” di Vladimir Nabokov. So che è un grande classico, apprezzatissimo dalla critica… Ma io l’ho letto con estrema fatica. Ho trovato il protagonista, ovvero l’io narrante, di una presunzione e di un’arroganza insopportabili. Molto probabilmente era voluto dall’autore. Sicuramente voleva caratterizzare il personaggio in questo modo, e se così è, tutti i miei più sentiti complimenti, perché ci è riuscito! Anche se forse fin troppo bene per rendere il libro godibile…

10. Adesso è arrivato il momento per porti da solo una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…

Me ne faccio due! “Cosa rappresenta la ragazzina bionda comparsa nel capitolo secondo a cui non fai più nessun accenno nel corso del libro?” Quella ragazza, vista dal protagonista come una figura quasi angelica capace di volteggiare in aria mentre lui non può che strisciare incatenato al suolo, vorrebbe rappresentare la speranza di trovare un obbiettivo, qualcosa in cui credere e sperare anche dopo aver perso tutto e soprattutto dopo aver perso se stessi.

Quella ragazzina che vaga smarrita, nella mente confusa dell’io narrante, sarebbe potuta essere la luce di una sorta di faro nella nebbia dell’ebbrezza che avrebbe potuto ricondurlo sulla retta via. Ma come notiamo, l’uomo non riesce a starle al passo e finisce per perderne le tracce… “Perché il tuo protagonista è proprio un professore?” Perché a mio giudizio il professore, in quanto educatore, deve essere un esempio pubblico di virtù, un modello a cui ispirarsi, una guida da seguire.

Rendere il mio protagonista così corrotto nell’animo e smarrito un professore ha voluto essere un’ulteriore provocazione al mondo e alla realtà delle cose che diamo per scontati. Il professore secondo me è uno di quei ruoli sociali in cui è maggiormente gravoso il conflitto fra senso del dovere (Il Super io in termini freudiani) e le pulsioni più sfrenate del nostro lato oscuro, il Demone insomma (L’Es ancora in termini freudiani). Quindi rappresentando il crollo dell’Io di una figura come un professore credo di aver ottenuto un effetto ancora più incisivo nel mostrare fino a che punto, se non abbastanza forti, può condurci il Demone se ci arrendiamo a lui.

Condividi che fa bene

Recensione scritta da

Redazione - Recensione Libro.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.