Monica Benassi: intervista scrittrice

Intervista a Monica Benassi.
Monica Benassi
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La redazione del sito Recensione Libro.it intervista la scrittrice Monica Benassi autrice del libro Dolce acqua dolce

1. Dovendo riassumere in poche righeDolce acqua dolce il senso del tuo libro Dolce acqua dolce, cosa diresti?

Quando hai un sogno, inseguilo, non lasciare che gli altri decidano della tua vita. Credi in quello che fai e combatti per realizzarlo. Lungo la strada imparerai cose nuove senza accorgertene, crescerai e incontrerai nuove opportunità. Cambiare idea è indice di crescita e maturità a volte.

2. Da dove nasce l’ispirazione per questo libro sui legami e sull’amore per l’immersione?

Da un’esigenza personale di elaborare un dolore profondo per la perdita di alcuni amici, di fare un bilancio, e di ritrovare equilibrio e il sapore di quel che di bello c’era stato. Molte persone mi dicevano che vedermi in acqua faceva venir loro voglia di tuffarsi anche se non sapevano nuotare. Ho voluto rendere pubblica la mia esperienza per trasmettere la felicità che deriva dal contatto con l’acqua, coinvolgendo più gente di quella che posso incontrare di persona.

3. Cosa vorresti che i lettori riuscissero a comprendere leggendo le tue parole? Quale segno vorresti lasciare in loro?

Mi sono sempre sentita isolata, fin da piccola. Ho sviluppato un’esigenza di comunicare con precisione che ho reindirizzato nel tempo anche in ambito professionale. Imparare a stare soli con sé stessi senza paura aiuta a crescere. Ma serve anche continuare ad imparare. Nozioni teoriche di scuola che non capivo a cosa mi sarebbero mai servite, hanno trovato un’applicazione pratica. Lezioni pratiche che pensavo strettamente legate all’ambito subacqueo mi sono venute utili in azienda e in famiglia. Dipende da noi coltivare la nostra crescita con l’elasticità mentale, per saperci adattare alle sfide della vita prendendo sempre il meglio; e siamo noi responsabili di non subire passivamente. Anche nei torti ci può essere un complimento, basta saper guardare.

4. C’è qualcosa che avresti voluto aggiungere al libro, quando lo hai letto dopo la pubblicazione?

Mamma mia, sì! Man a mano che lo rileggo, ricordo episodi sepolti in soffitta con i quali avrei voluto arricchirlo. Ma io davanti ad un foglio mi scateno, e se non è bianco va bene uguale; riesco a scrivere la Divina Commedia sui bordi bianchi di un protocollo legale. E più scrivo, più i pensieri si dipanano in mille altri episodi.

5. Se Monica Benassi dovesse utilizzare tre aggettivi per definire Dolce acqua dolce, quali userebbe?

Dal punto di vista dell’autore sofferto, da quello del lettore, spero coinvolgente ed emozionante.

6. Cosa ti resta delle esperienze che hai vissuto in fondo al mare?

Più che altro in fondo al lago. La nostalgia di branchie e pinne perse alla nascita; la dolcezza degli abbracci liquidi con il lago; le foto dei momenti azzurri che stanno nel cuore; qualche amicizia; e tanta esperienza tecnica, umana e teorica, che mi fa essere eccellente sul lavoro, nella pianificazione, come team leader e non solo. Ah, e la malcelata preoccupazione della mamma!

7. Perché Monica Benassi crede si debba leggere il suo libro?

Per la curiosità di vivere un mondo nuovo, o di vedere un mondo noto attraverso altri occhi. Ci sono pochi romanzi subacquei, ancora meno scritti dal punto di vista femminile, e quasi nessuno relativo ai laghi.
È un’occasione per cercare di capire e superare le barriere comunicative uomo donna, ma anche di apprezzare una risorsa poco nota. Tra l’altro, essendo la subacquea uno sport di derivazione militare, come ad esempio il paracadutismo, nel libro ho colto l’occasione per evidenziare i pregiudizi ben radicati ancora, con i quali dobbiamo fare i conti senza rendercene conto.

L’Italia è circondata dal mare, ma ha la fortuna di offrire un lago fuoriporta, facilmente accessibile a chi non ha frequenti occasioni di intingere i piedi in acqua salata. Però il lago è buio, scuro, freddo, pericoloso, sento dire spesso. Provate a vederlo con i miei occhi e poi ditemi se non vi è venuta voglia di approfondire oltre il giro in pedalò.

8. Monica Benassi ha nuovi progetti? Stai scrivendo un nuovo libro? Puoi anticiparci qualcosa?

Ho più progetti che tempo! In ambito letterario quello che vorrei completare per primo è un romanzo “storico”, che racconta come è cambiato il mondo dagli anni ‘60 al covid attraverso le esperienze… di un appartamento, che racconta il mondo fuori dalla finestra, il mondo che entra dalla TV prima, e poi da internet, ma filtrato dai suoi inquilini.

Seconda parte intervista

9. Qual è il romanzo che hai letto e ti ha più colpito emotivamente in quest’ultimo anno?

Non è proprio un romanzo, un libro di Peter Stark “All’ultimo respiro, storie ai limiti della sopravvivenza”. È un libro molto forte che descrive situazioni limite e come reagisce il fisico e la psiche di chi le sta vivendo. Per esempio un ragazzo in vacanza con amici in Indonesia che viene punto da una zanzara portatrice di malaria. Prosegue la sua vacanza cercando di ignorare febbre e stanchezza con l’irresponsabile leggerezza giovanile, senza aver valutato neanche minimamente il problema, ben protetto dai suoi inutili antistaminici.

L’autore racconta il bacio della zanzara, i globuli rossi che esplodono mentre il ragazzo pensa di dover evitare cibi come i peperoncini, mentre le proteine del plasmodium stanno sviluppando l’encefalite. È un racconto a tutto tondo, da dentro e fuori, da più punti di vista, compreso quello degli amici che porteranno il giovane a Sumatra e poi a Singapore, ma troppo tardi.

Però ho pianto con “Afghanistan – dove Dio viene solo per piangere” “La bambina che non esisteva” di Siba Shakib, con “Solo per i miei figli” di Jaqueline Pascal, con “La piccola sarta di Kabul” e molti altri sullo stesso genere.

10. Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?

Leggere è sempre un momento di crescita. Non ci sono libri che non si consigliano, solo persone alle quali non sono adatti. Io non amo Picasso e nessuno mi suggerirebbe una sua mostra, perché amo gli impressionisti, ma questo non significa che in altre persone non possa suscitare emozioni intense o trasmettere un messaggio. Dipende dal nostro background. Io per esempio ho apprezzato moltissimo leggere con mio nipote Farnheit 451 di Ray Bradbury, mentre mi è pesato “Einstein ed io” e non ho apprezzato “Il gusto proibito dello zenzero”.

A me piacciono i libri intensi, che raccontano storie vere, ma che scorrono veloci come siamo abituati nella vita reale. Alla mia mamma invece piacciono più lenti. Io non sono avvinta da un titolo come “Pomodori verdi fritti alla fermata di Whistle Stop” o “Il nome della rosa”, mentre mi ha stregata “Polo Nord” di David Hempleman Adams, che però sarei prudente a consigliare perché non si adatta a tutti.

11. Adesso è arrivato il momento per porti da sola una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…

Ai tempi dei report subacquei in lista mi firmavo scherzosamente Moby Bic. Nessuno mi ha mai chiesto il motivo. Quando il primo nipote è stato battezzato, uscivo da un avvelenamento che mi aveva portata da 56 a 90 kg in tre settimane. Mi ero quindi comprata un vestito nuovo per l’occasione, prediligendo come sempre un color panna, dato che ero la madrina. Quando mi sono vista nelle foto ho pensato di essere più o meno un metro cubo, di assomigliare alla famosa balena bianca di Herman Melville.

Dal momento che ero piuttosto produttiva, e secondo qualcuno anche prolissa, modificai il nome del capidoglio in BIC per richiamare la famosa penna a sfera che consumavo virtualmente ad ogni report. Sono legata a Moby Dick da due similitudini: anche se non ho il mio capitano Achab, sono sempre stata tenuta in disparte, dalle elementari al liceo, perché pensavano che portassi sfortuna, ma non ho mai capito il motivo. Il romanzo è un esempio ottocentesco, secolo che mi affascina, infatti ballo in costume quadriglie, valzer, sia alle feste, che nei castelli, con i gruppi che frequento.

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Recensione scritta da

Redazione - Recensione Libro.it

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