Intervista scrittore Alex Cask

Intervista autore Alex Cask.
The code di Alex Cask
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La redazione del sito Recensione Libro.it intervista lo scrittore Alex Cask autore del libro “The code: Il libro che non c’è”

Dovendo riassumere in poche righe il senso del tuo libro “The code: Il libro che non c’è”, cosa diresti?

È una storia che parla di misteri, di amicizia e di famiglia. Ma soprattutto del coraggio di cercare una verità che tutti hanno sotto gli occhi, e che proprio per questo diventa invisibile: perché è più comodo ignorarla che affrontarla.

Da dove nasce l’ispirazione che ti ha portato a raccontare di una realtà che sembra assurdamente lontana, gestita dall’Intelligenza Artificiale, ma più vicina di quanto si possa immaginare?

L’ispirazione nasce dalla mia passione per la tecnologia, che è anche il mio lavoro, e che mi accompagna fin da ragazzo. Ho vissuto in prima persona gran parte della sua evoluzione, sia hardware che software, e questo mi ha sempre portato a immaginare scenari futuri che oggi sembrano meno lontani di quanto apparissero anni fa. Non sono il primo né sarò l’ultimo a raccontare una realtà gestita dall’AI, ma il mio libro è nato in tempi non sospetti, quando ancora il tema non era così presente nel dibattito pubblico. Oggi l’AI è sulla bocca di tutti, e ci accorgiamo quanto sia vicina una prospettiva che forse prima sembrava solo fantascienza.

Cosa vorresti che i lettori riuscissero a comprendere leggendo le tue parole? Quale segno vorresti lasciare in loro?

Vorrei che i lettori comprendessero come la tecnologia sia uno strumento straordinario, il cui valore dipende dall’uso che ne facciamo: può essere un bene o un male per la società. Mi piacerebbe che questo libro lasciasse una traccia di consapevolezza, invitando a guardare oltre la superficie e a non accettare passivamente ciò che viene imposto come normale o inevitabile. Soprattutto, desidero che resti chiaro quanto siano fondamentali l’amicizia, la famiglia e il coraggio di porre domande scomode, scegliendo di agire anche quando sarebbe più facile voltarsi dall’altra parte.

Cosa ti piace di più di ciò che hai scritto? Una frase in particolare, un concetto, l’ambiente, una sensazione, un personaggio?

Se proprio devo scegliere direi la biblioteca sotterranea. L’ho scritta quasi ad occhi chiusi, mentre le immagini prendevano forma nella mia mente al punto da credere che ciò che stavo descrivendo esistesse davvero. Ma, al di là di una scena, quello che mi piace è l’atmosfera che si respira: l’equilibrio tra la realtà tecnologica che descrivo e i legami umani che resistono nonostante tutto: l’amicizia, la famiglia, il bisogno di verità. Amo l’idea che, in un mondo governato dall’AI e dipendenti dall’OLOS, ciò che davvero conta rimanga qualcosa di profondamente umano. E se devo scegliere un altro elemento, direi i personaggi: vederli crescere, cadere e rialzarsi mi ha fatto sentire parte del loro viaggio.

Avresti voluto aggiungere qualcosa al libro, quando lo hai letto dopo la pubblicazione?

Questa domanda mi fa sorridere, perché, a dire il vero, ogni volta che ho riletto il libro ho aggiunto qualcosa: un dettaglio, una sfumatura, a volte persino interi approfondimenti che per me sembravano scontati, ma forse per altri lo erano un po’ meno. E credo che, se avessi continuato a rileggerlo, questo ciclo non sarebbe mai finito. È normale: una storia non è mai davvero conclusa, continua a vivere dentro chi la scrive. Penso però che “The Code: Il libro che non c’è” abbia trovato il suo equilibrio proprio così com’è. Se dovessi aggiungere ancora qualcosa, forse sarebbero soltanto alcune sfumature sui personaggi secondari o sui ricordi legati al passato, non per colmare delle mancanze, ma perché questo mondo continua a crescere dentro di me.

Se dovessi utilizzare tre aggettivi per definire “The code: Il libro che non c’è”, quali useresti?

Direi: inquietante, perché ci mette davanti a uno specchio scomodo; attuale, perché racconta un domani che somiglia già all’oggi; umano, perché al centro ci sono i legami che danno senso alla vita.

Perché credi si debba leggere il tuo libro?

Credo che valga la pena leggere “The Code: Il libro che non c’è” perché, anche se ambientato in un futuro tecnologico, racconta una storia che parla profondamente di noi. Invita a riflettere su quanto siamo disposti a delegare alle macchine, che si tratti di smartphone, intelligenze artificiali o, magari, di un OLOS in un domani non troppo lontano. Spinge a chiederci cosa rischiamo di perdere se smettiamo di interrogarci su ciò che è davvero importante per noi. È un’avventura fatta di misteri, amicizia e scelte difficili, ma rappresenta anche un’occasione per guardare il presente con occhi nuovi. E forse, per scoprire che la verità più grande è proprio quella che abbiamo sempre avuto davanti agli occhi.

Quale romanzo hai letto quest’anno che ti ha maggiormente colpito e consiglieresti?

Il romanzo che consiglierei è “Fahrenheit 451” di Ray Bradbury. L’ho riletto dopo molti anni, visto che la prima lettura risaliva ai tempi della scuola, e l’ho apprezzato con una nuova consapevolezza. Lo consiglio vivamente: racconta una società in cui leggere è proibito e i libri vengono bruciati per soffocare il pensiero critico. È quasi paradossale che una storia sul divieto di leggere venga raccontata proprio in un libro. Inoltre, anche se in modo diverso e più futurista, sono presenti in “Fahrenheit 451” molti temi e riflessioni che affronto anch’io nel mio romanzo “The Code: Il libro che non c’è”.

Adesso è arrivato il momento di porti una domanda che nessuno ti ha mai fatto ma a cui avresti sempre voluto rispondere

Ma questa è una domanda alla Marzullo? Avrebbe risposto Zac, che per chi non ha letto il libro è uno dei co‑protagonisti che dovrebbe essere, o forse vorrebbe essere, il simpatico del gruppo.
Una domanda che invece avrei sempre voluto ricevere, e che credo ognuno di noi speri prima o poi di sentirsi rivolgere, è molto semplice: Sei felice?
È la più difficile, perché non riguarda quello che fai o ciò che possiedi, ma chi sei davvero. Forse, in fondo, anche scrivere questo libro è stato un modo per cercare una risposta a quella domanda.
Mi ha permesso di scavare nei miei pensieri più profondi, dentro un mondo fatto di illusioni e artificiosità.
E alla fine mi ha insegnato che, anche nel mezzo delle illusioni, la felicità va cercata solo nelle cose più autentiche.

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Recensione scritta da

Redazione - Recensione Libro.it

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