Intervista scrittore Ilario Giannini

Intervista Ilario Giannini autore libro "La cura del male".
La cura del male di Ilario Giannini
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La redazione del sito Recensione Libro.it intervista lo scrittore Ilario Giannini autore del libro “La cura del male”

Dovendo riassumere in poche righe il senso del tuo libro “La cura del male”, cosa diresti?

Direi che pur trattandosi di un romanzo tra il noir e il thriller fantastico, per cui l’essenziale è che la storia incuriosisca il lettore, lo coinvolga fino alla fine in quel clima di tensione, di suspense che sono proprie di questo tipo di narrativa, al centro della storia c’è un concetto fondamentale: se si cerca di cambiare il corso della natura, c’è sempre un prezzo da pagare. Il dono che scopre di avere Marco Conticini, il protagonista di questa storia, non è gratis come lui inizialmente crede. Per lui è una rinascita, un’occasione di rivincita nei confronti della vita. Ma soprattutto è la sua unica occasione di salvarsi. Come rinunciare a un simile dono anche se c’è un prezzo da pagare?

All’inizio si sforzerà di non vederne gli effetti collaterali; quando non potrà più ignorarli, farà di tutto per cercare di sminuirli; finché non potrà più fare a meno di farci i conti. Ma la sua cura per ogni male è essa stessa un altro male. Marco dovrà scegliere, se così si può dire… Se si può chiamare “scelta” l’offerta di un’unica possibilità per salvarsi. Per questo a Marco non resta che correre. Deve continuare a farlo per salvarsi dal male, anche se questo lo porterà ad aver a che fare con un altro tipo di male. Marco è un uomo comune, come tutti noi, la cui vita viene stravolta prima dalla malattia e poi da quel suo particolare dono, così difficile da gestire. Un uomo che si ritrova a dover fare i conti con una delle pulsioni primordiali dell’uomo: l’istinto di sopravvivenza.
Da dove nasce l’idea che ti ha spinto a scrivere questo libro in cui la vita del protagonista prende risvolti inaspettati?

L’idea è nata così, per caso e all’improvviso, apparentemente senza un motivo particolare. Dico “apparentemente” perché magari nel profondo un motivo c’è: un’esperienza appena vissuta che ci ha segnato e ci ha fatto riflettere; magari solo successivamente ricolleghiamo quell’evento, quell’emozione all’idea che ha dato origine alle nostre storie. Quando mi è venuta questa idea stavo correndo, cercando di rimettermi in forma dopo un periodo di forzata immobilità: tanta fatica e impegno costante, nel tentativo di opporsi agli effetti di un più o meno lento, ma comunque inarrestabile, processo naturale di declino fisico.

Anche senza scomodare gravi malattie, come quelle che colpiscono il protagonista del libro, l’uomo deve accettare di combattere una battaglia impari nei confronti della natura.
Così, mentre correvo da solo, perso nei miei pensieri, mi è venuta l’idea: “E se scoprissi di avere la capacità di guarire, di rigenerare totalmente ogni cellula del mio corpo semplicemente allenandolo fino a superare un certo livello di sforzo fisico?”… Molte storie, fantastiche o meno, nascono con un “E se…?”
Così è nata l’idea di confrontarsi con il protagonista di questa storia che scopre di
avere questo dono fantastico, che però ben presto si rivela molto difficile da gestire e gli stravolge comunque l’esistenza. Perché penso che in fondo nella vita ogni cosa ha un prezzo da pagare e quindi mi sono subito immaginato che la natura, per un dono simile, avrebbe voluto qualcosa in cambio.

Cosa vorresti che i lettori riuscissero a comprendere leggendo le tue parole? Quale segno vorresti lasciare in loro?

Mi piacerebbe che chi legge questo libro si lasciasse trasportare dalla storia: dalla curiosità, dal mistero, dalla suspanse, dai colpi di scena, dalla voglia di scoprire quanto il protagonista accetterà di cambiare pur di poter continuare a godere del suo dono, della sua particolare cura per ogni male. Al contempo però, pur raccontando la storia senza esprimere alcun giudizio morale sulle scelte che fa il protagonista, ho puntato molto sulla analisi introspettiva del personaggio, per stimolare un’immedesimazione e un confronto con lui.

Come me lo sono chiesto io mentre scrivevo la storia, mi piacerebbe che anche chi legge si ponesse la domanda: “E io? Se mi trovassi in quella stessa condizione, cosa farei? Fin dove sarei disposto a spingermi e quale prezzo sarei disposto a pagare per godere anch’io della cura da ogni male?” Ognuno si farà la propria idea sul protagonista di questa storia: se è un buono o un cattivo, se va assolto o condannato. Io racconto la sua storia senza esprimere giudizi. Semmai, lo ammetto, lascio trasparire un po’ di simpatia per questo personaggio; un po’ di umana comprensione per le sue scelte nella particolare condizione in cui si trova a farle.

C’è qualcosa che avresti voluto aggiungere al libro, quando lo hai letto dopo la pubblicazione?

Credo di no. Non aggiungerei altro alla storia. Sono una persona con un forte senso di autocritica, per cui ogni volta che rileggo le storie che scrivo, penso sempre che avrei potuto scriverle molto, ma molto meglio! Non finirei mai di correggere, di cambiare… Ma penso che una storia, quando ha seguito il suo percorso lungo il terreno accidentato che ha trovato lungo la via ed è arrivata alla conclusione, abbia ormai raggiunto una sua precisa identità. Può piacere o meno, può essere brutta o bella, ma la storia è quella. E ogni una storia merita di essere raccontata. Quindi credo che non aggiungerei nient’altro.

Semmai in qualche parte il libro poteva essere snellito un po’, togliendo qualche parte non essenziale alla storia. Ma anche per i romanzi le cose vanno un po’ come per la vita reale. I personaggi a volte reclamano spazio per le loro distrazioni, le loro divagazioni… A volte si impongono e prendono il sopravvento, con le loro passioni, i loro sfoghi, le loro battute umoristiche, per stemperare un po’ l’atmosfera tensiva… Non si può sempre chiedere loro di fare un passo indietro e ritirarsi in buon ordine. Anche quelle divagazioni servono a farci conoscere meglio i personaggi di una storia, a farci affezionare di più a loro o a farceli odiare come si meritano.

Se dovessi utilizzare tre aggettivi per definire “La cura del male”, quali useresti?

“Misterioso”: perché è pur sempre un thriller, con le sue atmosfere cupe, il gusto per il brivido, per la paura di ciò che non si sa o non si comprende e si scopre man mano che la storia va avanti.
“Sorprendente”: perché la trama del libro si svolge attraverso un susseguirsi di colpi di scena, svolte inattese, intrecci di storie di vario tipo: storie d’amore che finiscono e altre che iniziano, storie di amicizie vecchie e di amicizie nuove; un po’ di humor, così come accade anche nella vita reale, per giungere a un finale doppiamente inatteso. Insomma non ci si annoia!

“Introspettivo”: perché come già ho avuto modo di spiegare, nonostante sia una storia di azione, di avventura e di mistero, mi piace dare spazio ad una narrazione interiorizzata che favorisca il confronto e l’immedesimazione con i personaggi, da parte di chi scrive prima e da parte di chi legge poi.

Perché credi si debba leggere il tuo libro?

Mi piacerebbe che chi legge il mio libro lo facesse per il puro piacere di abbandonarsi alla storia che racconto; perché è una storia coinvolgente, perché incuriosisce e ti spinge ad andare avanti nella lettura per vedere cosa succederà ancora e come andrà a finire. Insomma leggere deve essere un piacere! Tuttavia questo romanzo racconta in modo semplice e lineare una storia complessa, che si proietta su differenti dimensioni della nostra vita e sollecita riflessioni interiori, emozioni contrastanti.

E’ un romanzo che non si esaurisce nelle caratteristiche del thriller o del noir. Ci si confronta con tanti temi: l’amore, l’amicizia, la malattia, la paura, la voglia di rivincita, la vendetta. E’ un libro che a tratti commuove, a tratti fa sorridere; spesso fa venire i brividi, ma fa anche riflettere su certi temi. E’ una storia originale, come idea e come trama, ma allo stesso tempo sullo sfondo rappresenta uno dei temi più classici della letteratura: la paura del male, della morte e la reazione atavica dell’uomo che risponde tornando nelle sue scelte, nelle sue reazioni, a lasciarsi guidare da un primordiale istinto di sopravvivenza.

Qual è il libro che hai letto quest’anno che ti ha più colpito e consiglieresti?

“Tutto chiede salvezza” di Daniele Mencarelli. E’ un genere molto diverso dal tipo di storie che scrivo io, è vero. Ma io sono un lettore onnivoro e insaziabile e mi piace leggere di tutto, anche se poi scrivo ciò che credo mi riesca meglio. “Tutto chiede salvezza” è un romanzo che mi ha colpito per la capacità di scrutare nella profondità dell’animo umano, nella complessità dei vari aspetti della personalità di ciascuno di noi, sia come singolo individuo che nelle relazioni interpersonali. Non è poi un tema così distante da quella narrazione introspettiva di cui parlavo prima e che cerco di portare nelle storie che racconto. E poi spesso anche il mistero, il brivido, la paura, le cose di cui più mi piace scrivere, affondano le proprie radici nella nostra dimensione interiore, vengono da dentro di noi, più che dall’esterno.

Adesso è il momento di porti una domanda che nessuno ti ha fatto ma a cui avresti sempre voluto rispondere.

Una domanda che nessuno mi ha fatto è questa: “Qual è il personaggio del libro al quale mi sono più affezionato, quello che è venuto fuori meglio da questa storia?” A parte ovviamente Marco, il protagonista, il personaggio che (pur senza averlo programmato) è riuscito a imporsi meglio nel romanzo, credo sia quello di Alan, il collega di lavoro di Marco che gli trasmette la passione per la corsa.

Alan rappresenta l’amico “nuovo”: quello che è sempre stato a un passo da te ma che non hai mai considerato, perché ti sembrava così diverso da non poterci legare minimamente e che invece ti sorprende nel momento del bisogno, perché lo trovi pronto a tenderti una mano per aiutarti, con naturalezza, senza fartelo né chiedere né notare. E’ così che Marco comincia a legare con Alan, che è un single convinto (per scelta un po’ sua e un po’ delle donne), un lavoratore serio ma consapevole di non avere grande talento, sereno nella sua accettazione di non essere straordinario in nulla. E’ sempre pronto a scherzare su tutto, anche e soprattutto su se stesso. E’ lui che più spesso nel romanzo ci strappa un sorriso divertito, eppure è sempre lui che permette di far emergere alcuni dei passaggi più commoventi ed emozionanti della storia di Marco. Per questo mi sembra giusto che vada lui il premio di “miglior personaggio non protagonista” di questa storia.

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Recensione scritta da

Redazione - Recensione Libro.it

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