La redazione del sito Recensione Libro.it intervista lo scrittore Marco Zanelli autore del libro “Cronache di Cyberlandia”
Dovendo riassumere in poche righe il senso del tuo libro “Cronache di Cyberlandia”, cosa diresti?
È un libro che sotto la scorza esterna di umorismo surreale nasconde diversi livelli di lettura e svariate visioni prospettiche, pur essendo scritto in una forma molto compatta e sintetica.
Da dove nasce l’ispirazione che ti ha portato a raccontare di questo mondo diverso dal nostro popolato da robot, che però riescono a essere molto più umani di noi?
Ho sempre amato la figura del robot che rappresenta un’idea semplificata e stilizzata e nel contempo un superamento della stessa condizione umana, a volte una macchina senz’anima, altre una creatura evoluta e protesa verso il futuro. Nel mio approccio “umanistico” alla raffigurazione degli automi ho tenuto lo sguardo rivolto all’opera di grandi scrittori del passato, come Isaac Asimov e Stanislav Lem, così come si può anche desumere dal mio stile narrativo, che rimane nel solco della fantascienza classica degli anni d’oro. Molto potente è stata in me la suggestione estetica della musica elettronica di gruppi quali i Kraftwerk ed i Tangerine Dream, che hanno contribuito in modo fondativo a creare rispettivamente l’archetipo robotico/futuristico e quello cosmico/fantascientifico.
Cosa vorresti che i lettori riuscissero a comprendere leggendo le tue parole? Quale segno vorresti lasciare in loro?
I messaggi che ho voluto veicolare con le “Cronache” sono molteplici ed articolati e spaziano dalla proposta immediata del puro divertimento, fino alle domande esistenziali più profonde; mi piace lasciare che ogni lettore trovi la propria chiave di lettura, in conformità con il suo sentire più genuino. A mio parere un’opera letteraria non dovrebbe instradare il fruitore verso un tragitto predeterminato, ma piuttosto offrire una mappa aperta di percorsi intellettuali alternativi ed intercambiabili.
Cosa ti piace di più di ciò che hai scritto? Una frase in particolare, un concetto, l’ambiente, una sensazione, un personaggio?
La sensazione che ho tratto dal mio lavoro, una volta terminato, è stata quella di aver centrato l’obiettivo di proporre personaggi plausibili, vivi ed “umani”, pur essendo paradossalmente degli automi meccanici.
Avresti voluto aggiungere qualcosa al libro, quando lo hai letto dopo la pubblicazione?
Direi di no, quando scrivo cerco di sintetizzare il più possibile, con l’obiettivo di mettere su carta (scrivo ancora con strumenti tradizionali) soltanto quello che serve. Con il tempo, anche come lettore, sono diventato insofferente nei confronti della prolissità e dei romanzi-fiume di migliaia di pagine.
Se dovessi utilizzare tre aggettivi per definire “Cronache di Cyberlandia”, quali useresti?
Sintetico (questa parola con un doppio significato nel caso specifico), brioso, riflessivo.
Perché credi si debba leggere il tuo libro?
Non dovrei essere io a dirlo, tuttavia ritengo che si tratti di una lettura che trascende i confini di ciò che il panorama letterario attuale offre abitualmente; sono un po’stanco di storie intimiste che hanno il sapore insipido del già sentito, calate in una realtà quotidiana che non ha più nulla di nuovo da dire. Avevo il desiderio di camminare tra le stelle con un cuore elettronico pulsante in un torace di acciaio…
Quale romanzo hai letto quest’anno che ti ha maggiormente colpito e consiglieresti?
Trovo straordinari e pieni di meraviglia i romanzi fantastici di Mauro Palazzi, uno scrittore italiano poco conosciuto ma che meriterebbe una visibilità molto più grande.
Adesso è arrivato il momento di porti una domanda che nessuno ti ha mai fatto ma a cui avresti sempre voluto rispondere
A quale dei tuoi personaggi somigli di più? – A Solipso, risponderei. Come lui sono impulsivo, caotico, individualista, iperattivo, solitario, ma anche capace di profonda amicizia e di sincera condivisione.
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