Intervista scrittore Matteo Nerbi

Intervista Matteo Nerbi autore "Utrum".
Matteo Nerbi
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La redazione del sito Recensione Libro.it intervista lo scrittore Matteo Nerbi autore del libro “Utrum”

Dovendo riassumere in poche righe il senso del tuo libro “Utrum”, cosa diresti?

Gli scritti che compongono Utrum sono il risultato di un gioco di piani contigui e sovrapposti.
In ogni racconto c’è sempre un primo piano immediatamente percepibile, quello della vicenda narrata con i propri misteri, messi in scena per incuriosire il lettore, e la conseguente rivelazione finale, che non vuol essere mai un semplice colpo di scena, ma l’occasione di accompagnare allo stupore anche riflessioni.

Ma ci sono anche più piani “endo cutanei”, che scorrono paralleli al primo, ma sotto la sua superficie, una sorta di vicenda sottesa alla vicenda principale, che a sua volta vuol portare il lettore ad ulteriori riflessioni, in direzioni differenti, come il “confronto di genere”, ovvero i più comuni motivi di incomprensibilità tra “uomo e donna”, che sembrano insormontabili soltanto sino a che ci si pone all’esterno della propria “identità di genere”, per farne “autocritica”, nel mio caso, “autocritica d’uomo”.

Da dove nasce l’ispirazione che ti ha portato a scrivere questi racconti così pieni di introspezione?

L’ispirazione che ha consentito l’esplodere su carta di tutte le riflessioni introspettive che scorrono sotto la superficie dei racconti di Utrum è un poliedrico coacervo di cose: c’è sempre un dato di partenza concreto, come “frammenti del vissuto” di altri, che mi hanno colpito e mi sono rimasti dentro, salvo poi riproporsi nel “segreto dei miei pensieri” sotto forma di argomento di riflessione; ma a questo punto di partenza si sovrappongono sempre le emozioni dei sensi, indotte dall’ascolto di una certa musica, oppure “dall’immedesimarsi” semplicemente in grandi opere letterarie o delle arti visive (le opere di Edward Hopper, ad esempio, sono state grande fonte di ispirazione).

Cosa vorresti che i lettori riuscissero a comprendere leggendo le tue parole? Quale segno vorresti lasciare in loro?

Richiamare il socratico “so di non sapere” è un modo efficace per spiegare come i miei racconti non abbiano la pretesa di insegnare nulla a nessuno.
Eppure, nella loro atmosfera di colore “grigio antracite”, e nell’approccio alla comprensione di quell’Io cosciente che domina il “segreto dei pensieri di ciascuno di noi”, ci vuol essere un messaggio di speranza: rimeditare i propri comportamenti, comprenderne i limiti, per poter andar oltre, se vogliamo, è il lascito di Utrum ai suoi lettori.
Un lascito che è poi un mio “atto di umiltà”, perché la stessa Voce Narrante,onnipresente in ogni racconto, si disvela sempre in ragione della necessità di comprendere il prossimo, come presupposto per comprendersi.

C’è qualcosa che avresti voluto aggiungere al libro, quando lo hai letto dopo la pubblicazione?

Tanti altri racconti, che già esistono, come embrioni ancora incompiuti, che non hanno avuto il tempo di germogliare, a cui auguro di prendere vita in un prossimo futuro.

Se dovessi utilizzare tre aggettivi per definire “Utrum”, quali useresti?

Premettendo che Utrum, se debbo definirlo io, non lo considero un libro, bensì un frammento della mia anima che si è come distaccato dalla principale, posso dire che: Utrum è come un’anima “sola”, timidamente “grigia”, ma anche “sensibilissima”.

Ci puoi spiegare da dove viene il titolo del tuo libro?

Utrum, come l’avverbio interrogativo in lingua latina antica, il “forse che?” per eccellenza, che esprime in un unico termine “l’umiltà del dubbio”, che poi è il presupposto per soddisfare la propria voglia di comprendere, di andare oltre.

Perché credi si debba leggere il tuo libro?

Perché le solitudini “hopperiane” che vivono i miei personaggi, talvolta in dimensioni drammaticamente iperboliche, in realtà sono la metafora di situazioni più ricorrenti e quotidiane, e Voce Narrante appositamente li illustra al lettore, come fosse una scenografia, affinché il lettore ne riconosca gli elementi ricorrenti nel suo reale quotidiano, e di conseguenza ripensi ai propri comportamenti, migliorandoli.

Quali sono i tuoi prossimi progetti in fatto di scrittura?

Ci saranno altri racconti, ma vorrei prima di tutto mettermi alla prova con un romanzo, che abbia tuttavia i medesimi “ingredienti”, ma tanto più mistero: un romanzo “giallo”, ma che sia sempre anche introspettivo, insomma, un “romanzo giallo e grigio antracite”, direbbe Voce Narrante.

Qual è il romanzo che hai letto quest’anno che ti ha più colpito e consiglieresti?

“Per questo mi chiamo Giovanni”, di Luigi Garlando. Perché? Perché è stato come una tavola apparecchiata per noi e i nostri bambini, per nutrirci di certe cose.

Adesso è il momento di porti una domanda che nessuno ti ha fatto ma a cui avresti sempre voluto rispondere.

Ecco la domanda: “L’idea che nella mente umana di ciascuno di noi possano albergare più personalità, e più coscienze, è un pilastro del racconto titolato Utrum: forse che l’Autore stesso ha sperimentato sulla propria pelle tale condizione?”
Io, l’Autore, rispondo che: “Assolutamente no, ci si ispira al vissuto di altri”.
Voce Narrante, invece, dice che: “Probabilmente sì … ma per saperne di più, fidatevi di me! Il segreto è lì in quelle pagine”.

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Recensione scritta da

Redazione - Recensione Libro.it

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