Intervista scrittrice Lidia Marsili

Intervista a Lidia Marsili autrice del libro "L'alba dentro l'imbrunire".
Lidia Marsili
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La redazione del sito Recensione Libro.it intervista la scrittrice Lidia Marsili autrice del libro “L’alba dentro l’imbrunire”

Dovendo riassumere in poche righe il senso del tuo libro “L’alba dentro l’imbrunire”, cosa diresti?

Il senso del libro risiede nel recupero del significato e del valore della vita proprio quando è minacciata, nel riscatto dai condizionamenti della malattia, nell’esigenza di svelare la bellezza finché ci è possibile, nella riscoperta di sé stessi e delle proprie energie nascoste. C’è un tesoro dentro ciascuno di noi. Dobbiamo imparare ad “ascoltarci” e ad “ascoltare” per tirarlo fuori.

Quando me ne sono resa conto ho pensato che potesse costituire uno sprone anche per altri. Ho completato e pubblicato questo libro sperando di raggiungere questo obiettivo.

Le parole hanno un enorme potere perché aprono le porte alla comprensione attraverso l’evocazione delle emozioni, delle immagini, della proiezione degli scenari. Il potere straordinario della scrittura risiede nella possibilità di farci mettere nei panni degli altri, iniziando da una migliore comprensione di sé stessi.
Gli ebrei hanno un proverbio che mi ha sempre affascinato: “Dio ha creato l’uomo per sentirgli raccontare storie”. Un uso consapevole della parola ci aiuta, narrando, a cambiare il mondo, a reinventare la nostra vita, costruendo un futuro diverso da quello che sembra già scritto per noi. La parola conta, difende, può riuscire a cambiare la somma delle giornate che fanno la storia.

La scrittura come valore testimoniale. Cosa hai voluto salvare e custodire?
Van Gogh, nel 1882 in una lettera al fratello Theo, scriveva che il suo obiettivo non era esprimere una malinconia sentimentale ma il dolore vero.
È ciò che mi sono prefissa anch’io nell’intraprendere questo viaggio interiore. Volevo salvaguardare una parte di me che non si è mai piegata dinnanzi al dolore, trasformandolo in sofferenza, e trasmettere a chi rimarrà dopo me, in particolare ai miei figli, il messaggio che il dolore fa parte della vita. Il suo rifiuto preclude la conoscenza della felicità. Non possiamo evitarlo, stante la nostra natura di esseri mortali, ma possiamo imparare ad affrontarlo.

Da dove nasce l’ispirazione che ti ha portato a scrivere questo libro pieno di emozioni personali e una storia di riscatto?

Le nuvole, sono state la mia ispirazione. Le nuvole suscitano un’idea di leggerezza e di potenza. Sono sottoposte ad un continuo cambiamento, ad una continua metamorfosi. Ci invitano a riflettere su noi, sulle modificazioni che, a nostra volta, la vita ci impone. Ci trasportano verso il cielo.
Ho iniziato a scrivere in un giorno d’estate, nel giardino della mia casetta sull’Appennino. Ero sola. Guardavo le nuvole scorrere lentamente nel cielo. Era talmente accattivante il loro soffice vagare che avrei voluto librarmi nel vento con loro. Non potendolo fare ho iniziato a librarmi tra le parole. Esprimere con le parole le mie emozioni è stato salvifico per me. Spero che lo sia anche per altri.

La mia, in questo libro, è una scrittura “randagia”. Non mi sono posta, all’inizio, obiettivi precisi. Sono arrivati dopo, quasi imposti dalle parole.

Cosa vorresti che i lettori riuscissero a comprendere leggendo le tue parole? Quale segno vorresti lasciare in loro?

Il segno della bellezza, nonostante tutto.
Un mio amico, qualche tempo fa, mi disse che leggermi gli rendeva la vita più bella.
Rendere più bella la vita degli altri è una sensazione bellissima, impagabile. Il riuscire a trasformare l’inquietudine in anelito di vita, in un atto di ribellione, in uno strumento per superare la finitudine di ciascuno di noi attiene all’idea della salvezza.

C’è qualcosa che avresti voluto aggiungere al libro, quando lo hai letto dopo la pubblicazione?

Non credo che cambierei di molto ciò che ho scritto, se non per migliorare la forma, eliminare ridondanze e descrivere meglio alcuni aspetti della sintomatologia del Parkinson.
Questo libro appartiene ad un momento diverso rispetto a ciò che sto attualmente vivendo. Non ho accettato la malattia ma ne ho assunto consapevolezza. Ho imparato a viverla in modo diverso. Snaturerei il libro se vi apportassi modifiche. La vita è movimento. Le emozioni rimangono le stesse; è il modo di viverle e di descriverle che cambia perché varia la prospettiva da cui si guarda il mondo che ci circonda.

Se dovessi utilizzare tre aggettivi per definire “L’alba dentro l’imbrunire”, quali useresti?

Doloroso: lo scrivere di sé lo è sempre, soprattutto quando si deve fare i conti con una malattia invalidante
Poetico: la poesia è una lettera d’amore indirizzata al mondo e, in un certo senso, credo che il mio libro lo sia. Ho trasfuso nella scrittura il mio dolore, il mio smarrimento, il mio disagio nel tentativo di inquadrarli in un contesto di senso, di superare l’orizzonte limitato della mia vita per andare verso gli altri, cantando con loro.

Liberatorio, perché persegue il riscatto dalla fragilità che da limite assurge a valore, ridimensionando l’edonismo e la vacuità del nostro tempo.

Perché credi si debba leggere il tuo libro?

Per trovare CONFORTO, per recuperare ENERGIA, per alimentare SPERANZA, per rinnovare BELLEZZA.
Scrivendo ho afferrato la valenza di una tipologia di comunicazione che mi consentiva di avvicinarmi a tutti coloro che soffrono di Parkinson; che dava voce all’inespresso di tanti e che assumeva il sapore di un sentire comune.

Spero di favorire una maggiore reciproca comprensione, di alleviare la sofferenza di chi patisce la malattia e anche quella, altrettanto dolorosa, di chi, quotidianamente, si fa carico dell’assistenza. Così come spero di scalfire l’indifferenza dei “sani” che, non avendo consapevolezza della fortuna di esserlo ancora, danno per scontato ciò che non lo è affatto.

Qual è il libro che hai letto quest’anno che ti ha più colpito e consiglieresti?

“Volevo essere una farfalla”, di Michela Marzano.
Michela, ora affermata filosofa e opinionista italiana, coraggiosamente, narra il suo vissuto di anoressia. Descrive il malessere senza filtri. Vi si getta dentro con impeto perché si può risalire in superficie solo dopo aver toccato il fondo.
Si svela per quello che è, per quello che sente. Ritrova la forza e il coraggio di vivere nella verità di sé stessa, abbandonando la velleitaria ricerca di apparire perfetta.
La lettura sconvolge, stordisce, fa star male, ma arricchisce. Il mio percorso è simile al suo. Forse per questo il libro di Michela mi ha “parlato”, spronandomi a completare il mio.
Le storie individuali, una volta diffuse, diventano patrimonio di tutti. Vorrei che lo diventasse anche la mia. Le ferite non si rimarginano mai completamente ma, come nelle ostriche, si possono trasformare in perle.

Adesso è il momento di porti una domanda che nessuno ti ha fatto ma a cui avresti sempre voluto rispondere.

Cos’è per te la scrittura?

La vita non si costruisce come un edificio. È un conglomerato di dissonanze e di vuoti. Così come la musica non è solo una successione di note ma il passaggio continuo delle note tra il suono e il silenzio, le parole, la cui scelta educa alla pazienza, permettono di cogliere le assonanze tramite le dissonanze, svelando l’impossibilità di dare una risposta a tutti i nostri interrogativi. La sua forza risiede nel lasciare socchiusa la porta al fascino del mistero, all’ineffabilità del non detto e dell’inesplorato. Se tutto fosse svelato la nostra curiosità svanirebbe a vantaggio della noia.
La scrittura, per me, è un mezzo per trascendere la vita individuale che diventa vita collettiva, per creare sapere e civiltà, per rinsaldare la solidarietà e l’appartenenza ad un comune destino. È un darsi una mano al di là del tempo e dello spazio.
Non sono io a governarla. È lei a governare me.

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Recensione scritta da

Redazione - Recensione Libro.it

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