Recensione Libro.it intervista Simona Maria Corvese autrice del libro Sinfonia della felicità

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Simona Maria Corvese
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Sinfonia della felicitàIntervista a Simona Maria Corvese

1. Dovendo riassumere in poche righe il senso del libro Sinfonia della felicità, cosa diresti?

Il senso di questo libro si può trovare facilmente nelle parole che Epicuro usa nella sua Lettera sulla felicità – a Meneceo: “Cerchiamo di conoscere allora le cose che fanno la felicità, perché quando essa c’è tutto abbiamo, altrimenti tutto facciamo per averla”.

2. Da dove nasce l’ispirazione per raccontare questa storia che parla di bambini invisibili e di desiderio di riscatto?

Nasce da un interesse per il problema sociale dei bambini invisibili. Nel nostro secolo assistiamo a un aumento esponenziale di questo fenomeno, dovuto a forti flussi di migranti che raggiungono il nostro paese. Molti bambini, molti ragazzi, arrivano in Italia privi di documenti e finiscono nelle mani di trafficanti e sfruttatori di esseri umani. Tra i rom poi, vi è ancora la consuetudine di non registrare sempre alla nascita i figli, con la conseguenza che un bambino invisibile (nel vero senso della parola perché se non vieni registrato all’anagrafe non esisti) è alla mercé di qualunque malintenzionato.

3. Cosa vorresti che i lettori riuscissero a comprendere leggendo le tue parole? Quale segno vorresti lasciare in loro?

Vorrei riuscire a far comprendere la gravità dell’essere bambini invisibili, privi di documenti e delle conseguenze che questo comporta. Centinaia di migliaia di bambini spariscono ogni giorno e finiscono nelle mani di trafficanti di esseri umani ma non so quanto la società abbia preso coscienza di questo. I minori devono essere tutelati sempre e noi adulti dobbiamo acquisire maggior sensibilità verso di loro. Molti minori non accompagnati possono essere presi in affido, esattamente come fanno Roberto e Laura nella storia. Un altro aspetto importante che tratto nel romanzo è quello della povertà educativa: Livia e Jòzsef, i due bambini rom, non hanno mai frequentato una scuola. Roberto dà loro l’opportunità di studiare gratuitamente nella sua fondazione. Nella realtà quotidiana siamo abituati a vedere molti bambini rom o adolescenti migranti, la cui unica scuola è la strada. Ebbene, l’Italia in questo dà un egregio esempio di civiltà perché privilegia il diritto all’istruzione di cui deve beneficiare ogni bambino. Forse non tutti sanno, infatti, che anche i figli di migranti extracomunitari, privi di permessi di soggiorno, e persino gli apolidi possono frequentare la scuola. Il principio che prevale è il diritto all’istruzione e viene garantito.

4. C’è qualcosa che avresti voluto aggiungere al romanzo, quando l’hai letto dopo la pubblicazione?

No, quello che volevo dire sono riuscita a esprimerlo. Gli sviluppi dei temi sociali trattati vengono sviscerati nel secondo e nel terzo romanzo.

5. Se Simona Maria Corvese dovesse utilizzare tre aggettivi per definire Sinfonia della felicità, quali userebbe?

Sensibile, profondo, attento: sono tre caratteristiche comuni ai due protagonisti e sono lo spirito con cui ho voluto affrontare gli argomenti trattati. Ogni persona merita di essere trattata con sensibilità, attenzione e profondità (intesa come non superficialità).

6. Perché credi si debba leggere il tuo libro?

Perché tratto argomenti davanti ai nostri occhi nella quotidianità, cui la letteratura non dà sufficiente attenzione, ed è un peccato. Perché penso che il miglior modo per affrontare tematiche sociali di questo tipo sia quello di farlo con una storia di fantasia, che affonda però le radici in un solido lavoro di ricerca. Ho letto trattati enciclopedici e testimonianze diaristiche sulla cultura rom, interviste a non finire sui rom così come sulla tratta e sfruttamento di minori invisibili. Per due anni ho seguito le vicende di due bambine rom, osservando il loro vissuto quotidiano e parlando con loro, per rendermi conto di come parla un bambino che cresce in strada e del suo grado di maturità rispetto a un coetaneo che cresce in una famiglia non rom. Se vi piacciono i romanzi di Dickens, questa trilogia non vi deluderà, anche se attualizzata alle problematiche dei giorni nostri.

7. Sappiamo che questo è il primo libro di una trilogia, ci puoi anticipare qualcosa sugli altri due? Quali saranno i temi predominanti? Quando saranno pubblicati?

Quando penso al secondo e al terzo romanzo della trilogia, mi viene in mente una frase: “Tutti i nodi vengono al pettine”. Tutti i misteri e i segreti che aleggiano nel primo romanzo e ci tengono con il fiato sospeso, troveranno una soluzione nel secondo romanzo, per i personaggi di Livia e Roberto, nel terzo romanzo per il personaggio di Jòzsef (riservando colpi di scena sul personaggio di David, il direttore d’orchestra che prende in affido Jòzsef e vorrebbe adottarlo). Il terzo romanzo “Sinfonia della Felicità – Il violino di Jòzsef”, avrà poi un intreccio mozzafiato e scaverà moltissimo nella psicologia dei personaggi. Vi assicuro che ne vedrete delle belle e vi terrò sulle spine fino all’ultimo! Quando saranno pubblicati? Non ho una data precisa. Il secondo romanzo è già pronto ma il terzo, “Il violino di Jozsef”, è pronto solo nella struttura della trama: deve essere ancora scritto. Due ipotetiche date potrebbero essere: autunno 2018 per il secondo e autunno 2019 per il terzo. Non amo scrivere con fretta: non riesco a concepire una storia senza scavare nella psicologia dei personaggi e senza un intreccio emozionante. Per fare questo, ho bisogno di tempo.

8. Qual è il romanzo che hai letto e ti ha più colpito emotivamente in quest’ultimo anno?

Di recente ho riletto due romanzi che amo molto. Il primo è “Delitto e castigo” di Dostoevskij nell’edizione Feltrinelli, perché ritengo sia quella con la miglior traduzione in circolazione. Ciò che mi ha più colpito è l’incredibile capacità di Dostoevskij di scavare nella psicologia dei personaggi. Adoro il suo modo di introdurre le emozioni, entrando nella mente e nel cuore dei personaggi. Solo lui riesce a dare questa carica emotiva alle scene che descrive. Anche la velocità filmica di questo scrittore è impressionante. Uno scrittore che più psicologico di così non potrebbe essere. I dialoghi sono un po’ troppo prolissi per i gusti contemporanei ma, per me, Dostoevskij rimane il romanziere dei romanzieri! Il secondo romanzo cui accennavo è “Il Cavaliere d’inverno” di Paullina Simons. Come dice la stessa autrice, è “la storia di un grande amore” nella Russia della seconda guerra mondiale, ma è anche “una storia che parla di speranza: perché anche nei momenti più terribili è possibile una vita migliore”. Ciò che mi ha colpito, anche rileggendolo a distanza di anni, è un intreccio impeccabile che ricorda i grandi classici della letteratura russa e la capacità cui aspira ogni scrittore: toccare le corde delle emozioni nei lettori. Intorno ai protagonisti l’orrore della guerra distrugge tutto ma la passione che li lega e l’intensità del loro sentimento è più forte di tutto. Ecco, queste emozioni così vibranti e anche i silenzi che non hanno bisogno di parole tra i due protagonisti mi hanno rapito ancora, come se avessi letto il romanzo per la prima volta.

9. Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?

Un libro che non incontri i nostri gusti letterari e, soprattutto, un libro che non sappia emozionarci e presentarsi come un’esperienza condivisa tra scrittore e lettore.

10. Adesso è arrivato il momento per porti da sola una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…

Questa trilogia porta un nome preciso con un motivo preciso: “Sinfonia della felicità”. Viviamo nella società del fare e non dell’essere, dove la realizzazione attraverso il fare passa davanti all’essere felici, a prescindere dai risultati conseguiti. La mia domanda è la stessa che si pongono i protagonisti: loro non cercano la felicità nella realizzazione professionale ma nell’equilibrio emotivo che solo gli affetti familiari possono dare. Quindi la domanda cui vorrei rispondere è: sono felice? E la risposta è: sì, nella misura in cui riesco a rendere felice la mia famiglia. Con il tempo e l’esperienza ho capito che per vivere felicemente il rapporto di coppia e la vita familiare bisogna essere capaci di dare amore, protezione, conforto, compagnia e assistenza. Se si costituisce una famiglia pensando solo di ricevere queste cose, si va incontro a un inesorabile fallimento. Roberto, il coprotagonista del mio romanzo, dopo un’esperienza traumatica condivisa con la moglie molti anni prima, affronterà un percorso di crescita personale che lo porterà a capire cosa sia veramente la felicità.

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Recensione scritta da

Redazione - Recensione Libro.it

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