“L’audiofilo” di Bharati Castellani

La silloge che si è aggiudicata il Terzo posto nella Sezione "Poesie edite ed inedite" del Concorso Letterario "Autore di te stesso - Premio Nazionale Campi Flegrei.
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Le cinque poesie scritte dalla poetessa Bharati Castellanti che si sono aggiudicate il Terzo posto per la Sezione “Poesie edite ed inedite” del Concorso Letterario “Autore di te stesso” – Premio Nazionale Campi Flegrei.

Egli

E’ egli l’artista,
perverso musicista
titilla pentagrammi docili
vizioso di litanie nobili.

Il suo monogramma,
a fuoco, marchia.

Granulose carezze turbinavano
in un vortice di accordi graziosi
solo per me i suoi sospiri intonavano
sfiancati interludi oziosi

Strage del tuo intelletto,
dissetandomi con la tua saggezza

Cullandomi in afrodisiaco torpore
eccellevi in elegie enumerando
come un egocentrico autore
egurgiterebbe effigi elucubrando.

“Euterpe,tuo unico onirico amore
solo per Lei sacrificheresti talenti sinfonici.”

Egli compositore monodico
gorgheggia in scala cromatica
mentre con lo sguardo melodico
mi deride con voce enfatica:

“Bambolina,
elogiami ancora…!”

Io

Io, stella nel pieno del suo fulgore
veleggio velata invano.

Sincretismo sincrono
a simulazioni simboliche:
le mie utopistiche fantasie
si libravano in un cielo senza fine.

Vagabondaggi da nomade,
amante in cieca cerca di filantropi decaduti.

Io, ultraterrena braccata
da (dis)umani tentativi
di tenermi qui ancorata
denudo occhi ora privi
d’impotenza mal tollerata.

Mandorle color malva,
da ingurgitare venefiche.

Io,un lacrimevole passato
come una parentesi onorevole,
mai veramente irrigato
da lacrime sgorgate dal mio Io cedevole,
ingiustamente in un obitorio occultato.

Terrore pavoneggiato,
mentr’egli sminuiva la sminuzzata.

Io, nuclearizzo un futuro incerto
e nubifendente fra nubifragi e nubi
sgombro un soffitto semicoperto
ed elevo lui alla potenza d’infiniti cubi.

Cardionevrosi istantanea,
carnaio d’immediato macello.

Io, qui, ora, adesso, troppo spesso:
le carteglorie dei miei fallimenti,
i messali dei miei dolori,
le bibbie dei mie patimenti,
le liturgie dei miei (dis)onori.
Io, qui, ora, presentemente … assente.

In(contri)sieme

Mi sottraevo timorosa
per poi cedergli voluttuosa,
ad una sinassi simultanea deliziosa
prendevo parte leziosa.

Sinossi peregrina
la nostra sintesi sintomatica.

Asettico i miei monologhi ascoltava
e con risate di scherno mi elencava
dogmi d’ indubbia fede nei quali
emergeva Egli, Dio, fra i comuni mortali.

Un simposio di simulacri,
le licenziose notti ligie alla concupiscenza.

Io colomba bianca lasciva,
egli falco pungente ampolloso:
entrambi ottenebrati d’amore lussurioso
mentre la luna traditrice ci scopriva.

Compendio d’anime
sul triclinio acherontico ed immacolato.

Un’acromia negl’ acronimi
ch’egli inarrestabile leggeva
incurante del mio profondo disagio
quasi odoravo il disgusto del plagio
mentre egli misogino descriveva
passate conquiste con sinonimi.

Anomia illogica,
antagonista della sua memoria.

Mia aspirazione ultima
l’esser Sua schiava in eterno,
egli dispotico belligerante libidinoso
egli splendido ferino luminoso.

Antologia d’ antilogie anonima,
io servile prostrata la componevo.

Divisi: la Megera/Medusa

Menomazione menomabile
dei miei sensi astrusi astringenti astrali.

Attenzioni posate in nidi
di rovi di petali ricoperti
e dolori con rabbia inferti
deturpavano i nostri lidi.

Una martire martirizzata
Io, felicemente da Egli martoriata.

Nei tre fertili regni della natura
Egli fervido con leggerezza impera
e scaltro con ardore spera
ch’io lo spii malata da una fessura.

Egli, gongolante
d’ infedeltà infeconda infausta;

Esacerbare le infezioni
È per egli d’uso
ed io erubescente
sento l’erosione acuirsi.

Egli, giganteggia
giocondo giocoliere di gioielli.

Epistole episodiche epodiche
violate e violentate dalla (s)conosciuta Megera
(Megaera/Megaira).

Un’ eruzione di esagonali diamanti di paure
l’ermetico esoterico ego causa,
mentr’ Erinni assetate di sangue
deturpano il nostro solitario eremo
e avide di vendette straziano gl’ eretici.

Diagramma dialettico
di una diagnosi trasversale.

Medusa melliflua, vile mercenaria d’amore
arroventi pretenziosa la tua arroganza
e soffocante ed intollerante nel dolore
strisci nella melma per lenire la distanza.

Chiromante escatologica,
motteggiante predicatrice moralizzante.

Ignara d’ignorare l’ignominia
imbarbarisce imbastiture promettenti
e prepotente improvvisa partecipazioni imponenti
insudiciando me d’antagonismo.

Petali sparpagliati
seminati, scremati e portatori di segreti
mai rivelati.

Lato oscuro

Zucchero e zenzero
in cucina zampillano zafferano.

Rimescolando mille sapori
(in)delicati (in)delebili
Delibando mille sapori
aspri e pungenti
Rimemorando mille sapori
dolciastri e nauseabondi
Cerco mortificazioni (im)meritate.

Zucchero e zenzero
In cucina annacquano lo zabaione.

Un triumvirato malriuscito
È questo triste trisillabo
Un triumvirato trito e ritrito
È questo trittongo non voluto.
Un triumvirato inclemente
È questo, Trisomia 21.

Zucchero e zenzero
In cucina uno zibaldone di delizie
ed infamie.

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Recensione scritta da

Davide Gambardella - Recensione Libro.it

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