Recensione Libro La masseria delle allodole

Citazione “Se i tuoi capelli fossero perle, e le tue mani diamanti, come sarei ricco, anima mia… potremmo fuggire lontano”.
La masseria delle allodole
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Perché leggere i romanzi di Antonia Arslan: La masseria delle allodole, La strada di Smirne e Il rumore delle perle di Legno?

Semplicemente perché attraverso quest’autobiografia familiare “romanzata” Antonia Arslan dà voce a una commovente verità ancor oggi negata in molti paesi: il genocidio armeno. Storie straordinarie di uomini e donne comuni, a ricordare un mondo vivo e pulsante negato a giammai (à jamais).

Nonostante la serietà dell’argomento la narrazione è semplice e scorrevole, uno stile letterario fluido, a tratti quasi poetico senza salti di stile o drammatizzazioni. Il narratore onnisciente non enuncia nessun giudizio, ma si limita a riportare i fatti a volte anticipandoli in corsivo velandoli di nostalgia, creando empatia nel lettore.

I primi due romanzi “La masseria delle allodole” e “La strada di Smirne” raggiungono così il valore di memento. La Arslan riesce abilmente a trasformare il racconto di una storia di famiglia in quello della scomparsa di un intero popolo.

I primi due romanzi sono ambientati tra Turchia, Siria ed Italia, l’ultimo, “Il rumore delle perle di legno”interamente in Italia eccetto nel finale, quando narra del passato trascorso in una vacanza in Grecia, in cui, durante una danza smirniota, riaffiorano ricordi infantili di un’identità armena accantonata. Il cerchio si chiude.

Recensione de “La masseria delle allodole” di Antonia Arslan

La storia narrata da Arslan ne “La masseria delle allodole” è raccontata volutamente in due parti, per accentuare il distacco di due mondi opposti.

Alla vita serena di una famiglia bene armena, rispettata in città, dove il capofamiglia è un autorevole farmacista, ai progetti di riconciliazione di due fratelli, si oppone l’orrore della guerra e della deportazione forzata, istinto di sopravvivenza.

Alla speranza di ritorno trionfale in patria, contrasta l’amara certezza di non poterlo più fare a cui si aggiunge la frustrazione e la disperazione di chi vivendo lontano nulla può allo scoppiare della guerra, se non attendere.

Piccola digressione: nel 2006 i fratelli Taviani hanno diretto la trasposizione cinematografica de “La masseria delle allodole”, con un cast di attori internazionali. Personalmente non mi è piaciuta, perché troppo romanzata (c’è una storia d’amore inventata) e con grosse discrepanze dal testo riguardo ai nomi dei personaggi (quasi tutti cambiati) per non parlare di quelli tagliati fuori (es. Zareh uno dei fratellastri di Yerwant e Sempad che vive ad Aleppo o del prete Isacco) o della partecipazione molto inverosimile del console spagnolo in Turchia, visto che la Spagna rimase neutrale durante la Prima Guerra Mondiale.

Molto più plausibile la versione della Arslan in cui è Zareh che fa il medico per l’ambasciata francese (stato vincitore della guerra) ad essere il ponte tra Italia e Turchia.

“La masseria delle allodole”periodo storico narrato 1914-1916, pubblicato nel 2004 da Rizzoli Bur (edizione letta ristampa aprile 2015), 234 pagine.

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Recensione scritta da

Paola Maddaluno

Laureata all’Università di Napoli l’Orientale in Studi Comparatistici lingue e letterature Cinese e Anglo-Americane. Ha partecipato attivamente come volontaria presso l'ONG AFS/Intercultura promotrice di scambi culturali a Napoli, poi a Siena.Oggi vive a Parigi sempre coltivando il suo interesse per il multiculturalismo e la buona lettura.

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