Libri che magia – Libri da leggere

Quali sono i libri magici? Libri consigliati ai lettori, quelli da leggere.
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I romanzi che donano magia: storia dei miei libri magici – Libri da leggere

Alcuni libri sono magici, riescono a creare atmosfere che ti restano dentro, anche quando con gli anni la storia non la ricordi più.

Ho provato il senso di magia e di appartenenza leggendo libri che neanche pensavo mi avrebbero coinvolto così. Libri che mi avevano consigliato di leggere, libri in cui mi sono imbattuta casualmente vagando nelle librerie.

Non è stata la trama a convincermi, anzi di questi romanzi la trama era l’aspetto meno convincente per me, sia per l’ambientazione sia per le vicende narrate.

I libri che mi hanno lasciato il segno, di cui ho sentito la fatica del protagonista, o la sua necessità di sfidare la natura e il tempo sono stati pochi.

Tra i più significativi ricordo Stoner di John Williams, L’Aminuta di Donatella di Pietrantonio, Olive Kitteridge di Elizabeth Strout, Le otto montagne di Paolo Cognetti, Hotel Silence di Auður Ava Ólafsdóttir e La manutenzione dei sensi di Franco Faggiani.

Leggi le recensioni di questi libri, potresti trovare lo stesso senso di appartenenza che ho trovato io.
Di seguito le trame dei libri da leggere...

Stoner di John Williams

Stoner“William Stoner ha una vita che sembra essere assai piatta e desolata. Non si allontana mai per più di centocinquanta chilometri da Booneville, il piccolo paese rurale in cui è nato, mantiene lo stesso lavoro per tutta la vita, per quasi quarant’anni è infelicemente sposato alla stessa donna, ha sporadici contatti con l’amata figlia e per i suoi genitori è un estraneo, per sua ammissione ha soltanto due amici, uno dei quali morto in gioventù. Non sembra materia troppo promettente per un romanzo e tuttavia, in qualche modo, quasi miracoloso, John Williams fa della vita di William Stoner una storia appassionante, profonda e straziante.

Come riesce l’autore in questo miracolo letterario? A oggi ho letto ‘Stoner’ tre volte e non sono del tutto certo di averne colto il segreto, ma alcuni aspetti del libro mi sono apparsi chiari. E la verità è che si possono scrivere dei pessimi romanzi su delle vite emozionanti e che la vita più silenziosa, se esaminata con affetto, compassione e grande cura, può fruttare una straordinaria messe letteraria. È il caso che abbiamo davanti.” (Dalla postfazione di Peter Cameron)

L’Arminuta di Donatella di Pietrantonio

L'arminutaCi sono romanzi che toccano corde così profonde, originarie, che sembrano chiamarci per nome. È quello che accade con L’Arminuta fin dalla prima pagina, quando la protagonista, con una valigia in mano e una sacca di scarpe nell’altra, suona a una porta sconosciuta. Ad aprirle, sua sorella Adriana, gli occhi stropicciati, le trecce sfatte: non si sono mai viste prima. Inizia così questa storia dirompente e ammaliatrice: con una ragazzina che da un giorno all’altro perde tutto – una casa confortevole, le amiche più care, l’affetto incondizionato dei genitori. O meglio, di quelli che credeva i suoi genitori. Per «l’Arminuta» (la ritornata), come la chiamano i compagni, comincia una nuova e diversissima vita.

La casa è piccola, buia, ci sono fratelli dappertutto e poco cibo sul tavolo. Ma c’è Adriana, che condivide il letto con lei. E c’è Vincenzo, che la guarda come fosse già una donna. E in quello sguardo irrequieto, smaliziato, lei può forse perdersi per cominciare a ritrovarsi.

L’accettazione di un doppio abbandono è possibile solo tornando alla fonte a se stessi. Donatella Di Pietrantonio conosce le parole per dirlo, e affronta il tema della maternità, della responsabilità e della cura, da una prospettiva originale e con una rara intensità espressiva. Le basta dare ascolto alla sua terra, a quell’Abruzzo poco conosciuto, ruvido e aspro, che improvvisamente si accende col riflesso del mare.

Olive Kitteridge di Elizabeth Strout

Olive Kitteridge libroIn un angolo del continente nordamericano c’è Crosby, nel Maine: un luogo senza importanza che tuttavia, grazie alla sottile lama dello sguardo della Strout, diviene lo specchio di un mondo più ampio. Perché in questo piccolo villaggio affacciato sull’Oceano Atlantico c’è una donna che regge i fili delle storie, e delle vite, di tutti i suoi concittadini.

È Olive Kitteridge, un’insegnante in pensione che, con implacabile intelligenza critica, osserva i segni del tempo moltipllcarsi intorno a lei, tanto che poco o nulla le sfugge dell’animo di chi le sta accanto: un vecchio studente che ha smarrito il desiderio di vivere; Christopher, il figlio, tirannizzato dalla sua sensibilità spietata; un marito, Henry, che nella sua stessa fedeltà al matrimonio scopre una benedizione, e una croce.

E ancora, le due sorelle Julie e Winnie: la prima, abbandonata sull’altare ma non rassegnata a una vita di rinuncia, sul punto di fuggire ricorderà le parole illuminanti della sua ex insegnante: “Non abbiate paura della vostra fame. Se ne avrete paura, sarete soltanto degli sciocchi qualsiasi”.

Con dolore, e con disarmante onestà, in “Olive Kitteridge” si accampano i vari accenti e declinazioni della condizione umana – e i conflitti necessari per fronteggiarli entrambi. E il fragile, sottile miracolo di un’alta pagina di storia della letteratura, regalataci da una delle protagoniste della narrativa americana contemporanea, vincitrice, grazie a questo “romanzo in racconti”, del Premio Pulitzer 2009.

Le otto montagne di Paolo Cognetti

Le otto montagnePietro è un ragazzino di città, solitario e un po’ scontroso. La madre lavora in un consultorio di periferia, e farsi carico degli altri è il suo talento. Il padre è un chimico, un uomo ombroso e affascinante, che torna a casa ogni sera dal lavoro carico di rabbia. I genitori di Pietro sono uniti da una passione comune, fondativa: in montagna si sono conosciuti, innamorati, si sono addirittura sposati ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo.

La montagna li ha uniti da sempre, anche nella tragedia, e l’orizzonte lineare di Milano li riempie ora di rimpianto e nostalgia. Quando scoprono il paesino di Grana, ai piedi del Monte Rosa, sentono di aver trovato il posto giusto: Pietro trascorrerà tutte le estati in quel luogo “chiuso a monte da creste grigio ferro e a valle da una rupe che ne ostacola l’accesso” ma attraversato da un torrente che lo incanta dal primo momento.

E lì, ad aspettarlo, c’è Bruno, capelli biondo canapa e collo bruciato dal sole: ha la sua stessa età ma invece di essere in vacanza si occupa del pascolo delle vacche. Iniziano così estati di esplorazioni e scoperte, tra le case abbandonate, il mulino e i sentieri più aspri. Sono anche gli anni in cui Pietro inizia a camminare con suo padre, “la cosa più simile a un’educazione che abbia ricevuto da lui”. Perché la montagna è un sapere, un vero e proprio modo di respirare, e sarà il suo lascito più vero: “Eccola li, la mia eredità: una parete di roccia, neve, un mucchio di sassi squadrati, un pino”. Un’eredità che dopo tanti anni lo riavvicinerà a Bruno.

Hotel Silence di Auður Ava Ólafsdóttir

Hotel SilenceJónas ha quarantanove anni e un talento speciale per riparare le cose. La sua vita, però, non è facile da sistemare: ha appena divorziato, la sua ex moglie gli ha rivelato che la loro amatissima figlia in realtà non è sua, e sua madre è smarrita nelle nebbie della demenza.

Tutti i suoi punti di riferimento sono svaniti all’improvviso e Jónas non sa più chi è. Nemmeno il ritrovamento dei suoi diari di gioventù, pieni di appunti su formazioni nuvolose, corpi celesti e corpi di ragazze, lo aiuta: quel giovane che era oggi gli appare come un estraneo, tutta la sua esistenza una menzogna. Comincia a pensare al suicidio, studiando attentamente tutti i possibili sistemi e tutte le variabili, da uomo pratico qual è.

Non vuole però che sia sua figlia a trovare il suo corpo, e decide di andare a morire all’estero. La scelta ricade su un paese appena uscito da una terribile guerra civile e ancora disseminato di edifici distrutti e mine antiuomo. Jónas prende una stanza nel remoto Hotel Silence, dove sbarca con un solo cambio di vestiti e la sua irrinunciabile cassetta degli attrezzi. Ma l’incontro con le persone del posto e le loro ferite, in particolare con i due giovanissimi gestori dell’albergo, un fratello e una sorella sopravvissuti alla distruzione, e con il silenzioso bambino di lei, fa slittare il suo progetto giorno dopo giorno…

La manutenzione dei sensi di Franco Faggiani

A un incrocio tra casualità e destino si incontrano Leonardo Guerrieri, vedovo cinquantenne, un passato brillante e un futuro alla deriva, e Martino Rochard, un ragazzino taciturno che affronta in solitudine le proprie instabilità. Leonardo e Martino hanno origini ed età diverse, ma lo stesso carattere appartato. Il ragazzo, in affido temporaneo, non chiede, non pretende, non racconta; se ne sta per i fatti suoi e non disturba mai. Alle medie, però, a Martino, ormai adolescente, viene diagnosticata la sindrome di Asperger. Per allontanarsi dalle sabbie mobili dell’apatia che sta per risucchiare entrambi, Guerrieri decide di lasciare Milano e traslocare in una grande casa, lontana e isolata, in mezzo ai boschi e ai prati d’alta quota, nelle Alpi piemontesi.

Sarà proprio nel silenzio della montagna, osservando le nuvole in cielo e portando al pascolo gli animali, che il ragazzo troverà se stesso e il padre una nuova serenità. A contatto con le cose semplici e le persone genuine, anche grazie all’amicizia con il burbero Augusto, un anziano montanaro di antica saggezza, padre e figlio si riscopriranno più vivi, coltivando con forza le rispettive passioni e inclinazioni.

Una storia positiva è al centro di questo romanzo che trabocca di umanità e sensibilità autentiche e che contiene una riflessione sul labile confine che divide la normalità dalla diversità. Un romanzo sul cambiamento, la paternità, la giovinezza, in cui padre e figlio ritroveranno la loro dimensione più vera proprio a contatto con la natura, riappropriandosi di valori irrinunciabili come la semplicità e la bellezza.

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Recensione scritta da

Redazione - Recensione Libro.it

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