Recensione Libro La cotogna di Istanbul – Ballata per tre uomini e una donna

Citazione “’Sono terra, prendo tutto, puoi far di me davvero ciò che vuoi’, ed era strano che dicesse questo lei che era figlia dell’acqua e del vento.”
La cotogna di Istanbul
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Di cosa parla La cotogna di Istanbul – Ballata per tre uomini e una donna di Paolo Rumiz

La cotogna di Istanbul – Ballata per tre uomini e una donna di Paolo Rumiz è un libro che incanta con la sua ballata poetica, con una storia d’amore che non solo commuove, ma che ci fa innamorare dei luoghi che la contengono, come se fossero lo scenario ideale per quel legame indistruttibile.

Max è un ingegnere austriaco che, nel 1997, va a Sarajevo per fare un sopralluogo e lì, grazie ad un amico, conosce Masa, una donna che si porta addosso la storia del suo paese e delle sue perdite.

La protagonista de La cotogna di Istanbul agli occhi di Max appare come una vedova e divorziata al tempo stesso, una ragazza affascinante, bella e impossibile da conquistare. Da subito nasce qualcosa, ma non c’è tempo, ognuno deve ritornare alla sua vita, portandosi addosso la canzone che racconta della gialla cotogna di Istanbul che Masa ha cantato a Max.

L’amore non può tenere i due lontani, un sentimento assoluto e divino li unisce anche quando Masa ormai malata lo cerca per avere il suo aiuto, trovandolo lì ad aspettare quell’incontro per donare tutto se stesso.

La canzone del libro La cotogna di Istanbul raccontata dall’ingegnere a chiunque abbia voglia di ascoltare la sua storia d’amore, intenerisce e commuove, fa il giro del mondo, fino a giungere a noi, attraverso questo libro magico, che emoziona e tocca le corde dell’anima.

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Recensione scritta da

Redazione - Recensione Libro.it

One Comment on “Recensione Libro La cotogna di Istanbul – Ballata per tre uomini e una donna”

  1. Un aedo dal passo lungo
    Ha l’andamento del respiro e del passo lungo di chi cammina in pianura questa ballata, l’eco dei poemi omerici, il risveglio olfattivo del Cantico dei Cantici, il fascino di un viaggio.
    Si ama subito il ritmo che prendono le parole, il loro risuonare interiore mentre ci si lascia condurre nella narrazione. A tratti sono gli abissi della Storia, a tratti i mondi speziati d’Oriente che si lasciano intravedere e sognare; a dominare però sono i sentimenti che ci legano e ciò che andiamo cercando nella vita.
    E’ vero: nulla può sostituire il fascino dell’andamento narrativo della voce, soprattutto se a narrare è Paolo Rumiz che riesce a creare mondi, arricchendo di luce nuova la Storia con il Mito. Però questa ballata, che arriva al lettore come un messaggio prezioso da tramamandare, riesce a creare il fascino del racconto orale, consegnato di generazione in generazione, seduti accanto al fuoco.
    E il tempo, nel raccontare, si dilata fino ad abbracciare l’infinito: il presente così intriso di passato e volto ad un futuro che si dischiude con il segno della memoria e il colore giallo della cotogna.
    I fatti e gli incontri importanti della vita sono interrelati misteriosamente, orientati ad un centro verso cui siamo chiamati.
    Rumiz rende ogni descrizione un incanto con potente risonanza interiore. Emerge un grande amore per la vita, in questo canto, perchè sì, tutta la ballata è un canto, un inno alla vita, un invito a “… fare Kak budta v’burje est pokoj, come se nella tempesta ci fosse la pace”.
    Vita/Amore e morte corrono intrecciati nella storia e nella figura di Masha (ma anche nelle altre “femmine” della ballata): è sia Demetra, signora delle messi e quindi della vita, sia Persefone, la sua Kore sottrattale da Ade innamorato. Entrambe dee-guida per il genere umano: l’una in vita, l’altra nell’Altrove. Masha dalla bellezza struggente per gli uomini perchè ha in sè la forza e la fierezza di Demetra e la dolcezza e lievità di Persefone.
    E su tutto questa promessa di luce e di resurrezione della gialla cotogna di Istambul, dal profumo inebriante, un po’ di miele: “… era un frutto / che ancora conteneva il fiore in sè / qualcosa che ti dava la certezza / che a fine inverno tornasse la luce …”.

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